a cura di Aldo Ghioldi

Prima dell’anno Mille il fronte del mare si trovava a Jesolo Paese, Lio Maggiore, Lio Piccolo, S. Cristina, l’isoletta della Cura, Torcello, Burano, Costanzìaca, S. Erasmo, Le Vignole e il Lido. Erano isole allora molto abitate.



Veduta aerea del Litorale

 

 

 

 

 

 

 









Il vecchio canale Caligo a Lio Piccolo

 

 

 

 

 

 

 

 










 


Tipico Casone

 

La storia del Litorale Nord, ed in particolare del Litorale di Ca’ Savio, è anche la storia delle continue trasformazioni che il territorio ha subito nei secoli, in buona parte per opera dei suoi due fiumi principali: il Piave e il Sile.
Fin dal 1200, Venezia ha cercato di trovare una soluzione alle acque torbide di questi fiumi che trasportavano sabbia e detriti, e che per il fenomeno dell’alta e bassa marea formavano degli scanni sempre più elevati.
Così hanno avuto origine gli isolotti simili alla "Seca di Bacàn", che si trova di fronte a Punta Sabbioni.
Lentamente, questi lidi sabbiosi si unirono alla terraferma e allargarono la spiaggia che si andava ricoprendo di una vegetazione particolare: tamerici, dune e splendide pinete.
Poi, con il solito fenomeno degli scanni successivi, si è formata l’isola di Saccagnana il cui centro era costituito da case rurali risalenti alla prima metà del Cinquecento, disposte a quadrilatero con la casa padronale elevata e, a fianco, una semplice chiesetta lagunare.
Il nome di "Saccagnana" voleva indicare la presenza di una sacca, come ce ne sono in tante parti del nostro litorale: resta famosa quella di Punta Sabbioni, bonificata negli anni ‘30.
Verso il XVII secolo si sono sviluppate le altre due isole di Treporti: l’isola della Chiesa dove si trova la chiesa della S. Trinità, consacrata nel 1684, e l’isola di Portosecco, l’ultima a formarsi.
Queste terre hanno vissuto nel passato la grande minaccia dello straripamento dei fiumi che, riversando le acque nelle campagne e nella laguna, provocavano danni al territorio e incutevano terrore nella popolazione. Bisogna precisare che gli argini un tempo erano molto bassi e che il corso del Piave era rapido ed impetuoso, soprattutto in certi periodi dell’anno. Verso la metà del XVI secolo, la Repubblica intervenne per la prima volta nel corso del Piave. Costruì l’argine San Marco lungo la sponda destra, da Zenson fino il Torre Caligo.
Questo argine avrebbe dovuto contenere le acque che tra-cimavano dall’alveo principale. Il lavoro, ultimato nel 1543, non ottenne però l’esito previsto: ci furono ancora alluvioni e le case e i campi subirono gravi danni.
Si intervenne allora nel corso del Piave operando una deviazione, il Taglio detto del Re.
Lo scopo era deviare l’acqua del Piave nella Cava di Jesolo, e poi al mare di Cortellazzo. Ma lo scavo non servì a nulla e di questo grande lavoro restano oggi solo un alto argine, un fossato e una via vicino a Passarella di Sopra.
Il ramo del Piave, chiamato Caligo, era molto importante per i veneziani perché permetteva a Venezia di collegarsi a Caorle, Treviso, Portogruaro e tutto il Friuli. Ma costituiva anche un pericolo, soprattutto durante il periodo delle piene perché, trasportando notevoli quantità di detriti, causava il temuto fenomeno dell’interramento della laguna.
Dopo tanti progetti e discussioni, il Consiglio dei Savi, incaricato dalla Repubblica di Venezia di risolvere i problemi della laguna, dal 1600 al 1630, procedette allo scavo del canale del Pordelìo e del canale Cassòn dal Cavallino al Piave Vecchio. Venne così sostituito definiti-vamente il canale Caligo per un sicuro e più veloce collegamento con i paesi della Marca trevigiana, il Friuli e, di lì, con le città e i mercati oltremontani.
Ma non si può forzare la natura: dopo qualche anno, in località Landrona, dopo Eraclea, il Piave ruppe gli argini per ricongiun-gersi al mare presso Cortellazzo, tra il Cavetta e il Revedoli.
Nel 1672 vennero incominciati i lavori del Taglio che deviava le acque del Sile nel Piave Vecchio, introducendole a Caposile per far cessare l’impaludamento e il degrado di Torcello, Burano, Treporti, dove scorreva il fiume.
L’intervento venne ultimato nel 1682, ma non fu soddisfacente.
Con il passare dei secoli il Piave, il Sile, il Dese e lo Zero hanno interrato in maniera considerevole il margine di terraferma a nord est di Venezia. Allo stesso tempo si è avuto uno sprofon-damento del suolo in misura superiore che non altrove.
Sono scomparse isole famose come Costanzìaca e chiese e case dell’epoca. Infine, si è verificato un avanzamento del Litorale verso il mare aperto ad opera delle sabbie depositate dal Piave.
Molti anni fa la laguna nord doveva essere separata dal mare, non come ora, a Ca’ Savio, da una spiaggia larga, ma da un sottile lido, largo forse un centinaio di metri, come l’attuale Pellestrina o Lio Piccolo, sul quale si aprivano diverse bocche.
Furono proprio la presenza delle bocche portali sui lidi e l’avanzamento della spiaggia verso il mare aperto a salvare in un primo tempo la laguna centrale, cioè le isole realtine di Venezia, dalla invasione delle sabbie.
E’ interessante questo spostamento della laguna verso il mare. Ce lo ricordano le varie isolette unite dagli argini, segni di una civiltà passata e presenti ora ad una decina di chilometri dal mare.

La toponomastica di Treporti e Cavallino


Il toponimo Treporti, riportato dalle fonti, corrisponde all’attuale paese di Treporti?
Per rispondere a questa domanda va considerato che la disposizione attuale delle terre lagunari non è quella di dieci o dodici secoli fa. E questo perché i fiumi hanno apportato ulteriori cambiamenti con la raccolta continua di detriti e di materiale sabbioso che si è depositato, anche per l’azione dell’alta marea, lungo i lidi.
Alcune delle grandi e famose isole presenti in laguna sono scomparse. Canali, fiumi e porti sono stati interrati, come il famoso ramo del Piave, il Caligo, che usciva in mare per il porto di Lio Maggiore. La stessa bocca di porto di Lio Maggiore, che nel XVI Secolo usciva all’altezza di Ca’ Ballarin, venne deviata con scavi e lavori che si protrassero per anni e anni, nell’attuale canale di S. Felice dove, appena un secolo e mezzo fa, era mare aperto.
Anche il nome di Treporti non si riferisce al paese storico, perché con i nomi attuali dei canali di Saccagnana, Portosecco e Pordelio, che formano i tre porti, appare nei documenti solo dopo il 1450. Prima di questa data il nome Tre Porti (fino al 1900 la dicitura era questa) veniva dato alle tre bocche di porto che in antico erano chiamate Porto di Torcello e Burano, Porto di Costanzìaco e Porto Ammiana.
Questi porti ora sono completamente scomparsi.
A poco a poco lo scanno costiero, che partiva dalla foce del Piave e dall’antica zona del Cavallino, cominciò a protendersi verso il Lido di Venezia. Divenne via via litorale molto ridotto in larghezza e, chiudendo lentamente la bocca di porto di Lio Maggiore, arrivò fino all’attuale Punta Sabbioni.
Punta Sabbioni ricorda, appunto, questa lingua sabbiosa.
A ridosso di questo nuovo litorale si formò poi un canale naturale che fu chiamato Pordelìo e che usciva a fianco delle isole treportine tra banchi di sabbia, barene e zone paludose, come a Ca’ di Valle.
Questa zona allora viene chiamata, proprio per la sua particolare conformazione, Litorale del Cavallino.

 

I casoni

Il casone è un’abitazione tipica del territorio lagunare dalle valli di Comacchio fino a Grado. Molti ne vennero costruiti nella nostra terra alluvionale con i detriti portati dai fiumi: uno strato sabbioso, poco consistente che poteva permettere soltanto la costruzione di un tipo di casa con strutture leggere.
Nel litorale poi non esistevano strade che portassero di casa in casa, ma solo dei viottoli sabbiosi circondati da siepi e non c’era la possibilità di trasportare materiale pesante. I nostri primi arrivati erano poveri e potevano soltanto servirsi di materiale vegetale che si trovava nella nostra laguna e nelle paludi. Inoltre c’era il pericolo dell’acqua alta: perciò dalle zone basse la gente doveva trasferirsi in un altro posto più alto e più adatto.
I casoni erano frequenti prima della guerra del ’15, soprattutto in zone depresse come ai Sette Casoni, ma anche a Punta Sabbioni dove in una carta del Settecento sono riportati i "casoni" Zaffo.
Anche dopo la seconda guerra mondiale esistevano nella nostra zona dei casoni come quello dei Cengia e di Eufrasia Tortato che si trovava vicino alla Fausta. Il casone era recintato da una siepe di canne ed aveva un portico centrale soleggiato con tre porte: due camere ai lati e al centro la cucina con due porte, una delle quali portava alla stalla e l’altra alla cantina.

 

I mezzi di trasporto pubblico per Venezia e le isole

 

Una volta non esistevano mezzi pubblici per il trasporto di persone. Ogni famiglia del litorale teneva la sua barca legata alla porta di casa come si teneva il cavallo in stalla. La barca scivolava silenziosa lungo i canali e portava le persone in qualsiasi luogo della laguna. Questo mezzo di trasporto era adoperato da Grado fino a Cavarzere, dove fin dall’antichità esistevano migliaia di isole.
Alcuni mezzi di trasporto per persone erano gli scafi che portavano le merci: dal sale al legname, come i bragozzi con le variopinte vele, i famosi trabaccoli formati di grossi occhioni che trasportavano sale e pietre dall’Istria, dalla Dalmazia e dall’Albania e approdavano alle Zattere.
Nelle nostre zone fluviali erano famosi i burci che navigavano lungo il Piave, il Sile, il Po, l’Adige e gli altri fiumi veneti; poi le caorline e veloci sandoli.
Gli sviluppi della navigazione a vapore, avevano provocato l’introduzione di servizi e di vaporetti da Venezia a San Giuliano di Mestre, a Fusina, a Chioggia, a S. Donà di Piave, a Cava Zuccherina (oggi ritornata all’antico nome di Jesolo) fin dal 1872.
Era nata una Società Veneziana di Navigazione Lagunare che gestiva i battelli.
L’arrivo del vaporetti provocò una durissima reazione dei gondolieri che perdevano il loro ruolo di traghettatori.
Il 5 novembre 1903 il Consiglio Comunale decideva di assumere direttamente la gestione dei servizi di navigazione a vapore e diede inizio all’ A.C.N.I.L., l’Azienda Comunale per la Navigazione Interna Lagunare.

 

Lesaline in laguna

Già dal tempo dei Romani il sale era un prodotto importante per gli abitanti delle zone lagunari, come merce di scambio per procurarsi i prodotti della terraferma.
Tra il X e XIII secolo la produzione del sale conobbe la massima espansione e le Saline erano concentrate inizialmente nella laguna Nord ma poi si diffusero anche nel Sud tanto che il sale di Chioggia era più ricercato di quello del mare proveniente dalle Baleari e dalla. Spagna.
Verso il XIII secolo, con l’espandersi dei domini veneziani, il sale poteva essere importato da tante zone del Mediterraneo e molte saline dismesse vennero trasformate in Valli di pesca.

L'origine dei campeggi

La popolazione del litorale abitava in casoni e baracche, è sempre stata povera, ma volenterosa, buona e dignitosa. Se riusciva a guadagnare "quattro soldi", con la mentalità dei buoni ortolani pensava di metterli via per gli anni nei quali il raccolto poteva andare a male. Ma ci furono dei giovani che videro lontano e incominciarono ad aprire le vigne e le piantagioni di alberi da frutta ai tedeschi per la villeggiatura.
Ci volevano delle persone che avessero una buona dose di coraggio e di rischio, investendo tutto il capitale che avevano. Si tratta di nuove idee a cui alcuni hanno creduto, dando al territorio un nuovo impulso all’economia e salvando l’ambiente con la creazione di pinete fantastiche. Queste persone hanno portato il nome del litorale del Cavallino sulle Agenzie di tutta Europa proponendo un modo nuovo di passare le vacanze.
E nel litorale del Cavallino si è concentrato il più grande numero di campeggi d’Europa.
Una seconda idea che rivoluzionò il tipo di lavoro e l’economia del litorale fu la creazione delle serre con cura intensiva di ortaggi. In questo caso i pionieri furono semplici ortolani del litorale.
Dal libro: "A tu per tu con la mia gente" di Don Pietro Lucchetta (parroco di Cà Savio).