di Stelio Fenzo 

Tra i generi che compongono la moderna letteratura di massa i fumetti hanno una figura di primo piano. Anche i critici più tradizionalisti hanno finito col riconoscere al fumetto una dignità culturale che lo sottrae definitivamente dalla definizione ghettizzante che per lungo tempo aveva relegato questa produzione letteraria nel limbo dell’arte spazzatura e della letteratura triviale per l’infanzia. “Il fumetto è, infatti, un prodotto culturale nel senso (Umberto Eco) che esprime la cultura intesa nella sua più ampia accezione antropologica della nostra epoca”. (Epoca dell’immagine-comunicazione).

 







































LE POSSIBILI ORIGINI. (I trisavoli?)

E’ ormai tradizione che ogni storia dei fumetti che si rispetti si apra con una lunga e tediosa relazione di remoti antecedenti culturali:

· Graffiti e dipinti preistorici: vedi le grotte di Lascaux (sud della Francia – Uomo di Cro-Magnon).
· Altamira (Spagna) 13000 anni a.C.: La Cappella Sistina della preistoria.
· Le rocce del Ciad (Africa sett.) 7000 a.C. con rappresentazioni prevalentemente di caccia o rituali.
· Geroglifici egiziani.
· I fregi nelle metope del Partenone.
· La colonna Traiana e quella di Marc’Aurelio dove grazie ad un cartiglio elicoidale sono narrate le imprese dei due imperatori.
· Gli arazzi medioevali.
· Il Filatterio: quella specie di cartiglio-nuvoletta che, uscendo dalla bocca del personaggio raffigurato possiamo considerare a pieno titolo un casuale protofumetto.
· I cicli a fumetti dipinti da Giotto e dai suoi contemporanei ed il saluto che Simone Martini pose in bocca all’angelo della sua famosa Annunciazione.
Questa enumerazione di esempi possibili testimonia soltanto che l’uomo, fin dai primordi, sentì il bisogno della comunicazione grafica e visiva e, prima che con l’alfabeto, riuscì a manifestare i suoi pensieri attraverso i disegni. Ciononostante è da ritenersi che questo sia soltanto un sistema per cercare di nobilitare in maniera superflua un evento culturale indubbiamente autonomo, poiché uno dei caratteri del fumetto risiede proprio nella natura di mezzo di espressione di massa che nasce e si diffonde grazie all’industria giornalistica nell’età dell’oro del capitalismo industriale (fine del XIX secolo). Di conseguenza si può decisamente affermare che i fumetti, pur essendo sintesi e perfezionamento di procedimenti narrativi anteriori, figurativi o figurativi-letterari, acquisirono fin dalla loro nascita un’entità ed un’autonomia estetica peculiari grazie al veicolo dell’industria giornalistica, cosa che li distingue qualitativamente dagli antecedenti storici allo stesso modo che oggi possiamo differenziare il dirigibile dal jet e la lanterna magica dal cinema.
La parola fumetto, nella sua accezione più ampia, in Italia, comprende Comics, Fotoromanzi e Cineromanzi. Questi ultimi nacquero trasferendo sulla carta fotogrammi di film in voga, vedi: Adua e le compagne di Antonio Pietrangeli, Poveri , ma belli di Dino Risi, ecc.
Il fotoromanzo generalmente è destinato ad un pubblico particolare, abituato a vedersi porgere un prodotto che non lascia margine e respiro al benchè minimo volo lirico, poiché la fotografia offre i puri dati percepiti dall’obbiettivo, rigorosamente aderenti alla realtà rappresentata per il suo tramite.
Il fumetto ed il fotoromanzo hanno quindi due pubblici diversi. Il fotoromanzo, destinato inequivocabilmente agli adulti, sostituisce il tradizionale feuilleton su cui hanno pianto e sofferto le generazioni del tardo ‘800.
Esso ha quindi una valenza ben diversa dal fumetto-comic, ad entrambi comunque possiamo riconoscere il merito di essere di invito o stimolo a letture più complete.
Fatta questa distinzione lasciamo il fotoromanzo, il cui esame per ora non ci interessa e passiamo al Fumetto-comic esaminando per sommi capi la sua storia attraverso i personaggi e gli autori che maggiormente la significarono

BREVE STORIA DEL FUMETTO

La nascita del fumetto moderno la possiamo stabilire con l’apparizione il 16 febbraio 1896 sul quotidiano di New York World, del re dell’editoria Joseph Pulitzer, di una grande vignetta a colori rappresentante una visione di uno dei tanti cortili periferici della grande città, traboccanti di animali domestici, di lenzuola stese ad asciugare, di ragazzini. Tra questi risaltava un esserino di bassa statura, ma ben evidenziato: una testa calva, due grandi orecchie a vela, una faccia da cinesino, con due occhi che sembravano fissare di continuo il lettore. Il diabolico fanciullo era vestito di una specie di camiciola da notte di colore giallo canarino, sulla quale erano scritte le parole che pronunciava. Ne era l’autore Richard Felton Outcoult. L’iniziativa della pubblicazione delle avventure di Yellow Kid (così fu chiamato questo primo protagonista) ebbe talmente successo che il personaggio ed il suo autore passarono alternativamente, con una gara a suon di dollari, dal giornale di Pulitzer a quello del suo più grande antagonista, William Hearst il New York Journal. Sulle pagine dei quotidiani statunitensi nacque così la pagina dedicata alle strisce disegnate, con le famose pagine domenicali dai colori vivacissimi. Destinate inizialmente ad un pubblico infantile, avvinsero talmente anche gli adulti, diventando davvero uno strumento di concorrenza.
· Happy Hoolligan (Fortunello) 1900 di Frederick Opper.
· Little Nemo in Slumberlands 1905 di Winsor Mc Cay. Questo autore merita un cenno meno succinto. Egli aprì le possibilità linguistiche del fumetto verso nuovi orizzonti meno esplorati e tuttora attualissimi, dimostrandosi maestro nell’uso della prospettiva, nello studio della linea e della vignetta panoramica. La premessa è molto semplice: ogni notte Little Nemo è portato in sogno a Slumberland (il paese del sonno) ed ogni mattina viene riportato a terra dal rude shock del risveglio. Nel corso delle sue scorribande notturne Little Nemo entra nella profondità dei mondi dei sogni, incontrando nella sua strada personaggi destinati a diventare via via sue guide e suoi compagni.
Con ostinazione Mc Cay prosegue nella metodica esplorazione dei sogni, con amore illustra le sue trasposizioni, le sue visioni, le sue trasformazioni, ricreando con maestria, graficamente, le sensazioni della vertigine e della estraneità. Come Freud e con lo stesso scopo, egli esplora le profondità dell’inconscio. Mai un tema tanto faustiano ebbe un trattamento così luminoso. Slumberland è un paese senza ombre e la sua luce è quella della pittura rinascimentale. La grazia della composizione barocca e la libertà del disegno art nouveau tocca i suoi palazzi, i suoi paesaggi fiabeschi, le vesti e l’equilibrio dei suoi personaggi.
· Archie & Maggie (Arcibaldo e Petronilla) 1913 di George Mc Manus.
· Popeye (Braccio di Ferro) 1919 di Elzie Crisler Segar.
· Mickey Mouse (Topolino) di Walt Disney.
Sul finire degli anni ‘20 fu però l’avventura a prevalere con eroi portatori di giustizia e di ordine, in ambiti esotici e con caratterizzazione figurativa più realistica, nacquero così svariati personaggi tra i quali: Cino e Franco, Tarzan ecc. E per ricordare i più grandi di nostra memoria:
· Mandrake the Magician 1934 disegnato da Phil Davis.
All’inizio Mandrake era un vero mago con poteri soprannaturali, ma in seguito ha assunto un carattere più umano e credibile come maestro dell’arte ipnotica ed illusionistica, che avrebbe imparato nel Tibet. Questo personaggio riporta il fumetto nel mondo della più sconfinata fantasia, e lo si può considerare come il progenitore di quei supereroi con poteri soprannaturali che nacquero conquistando il lettore americano, qualche anno dopo.
· The Phantom (L’Uomo Mascherato) 1936 disegnato da Ray Moore su testi di Lee Falk. Seguì quindi la nascita di tutti quei supereroi tipo Superman (1938) Batman (1939) e tanti altri protagonisti con super-poteri.
Tra la serie di questi e altri grandi autori, che non abbiamo ricordato perché questa rassegna serve soltanto per osservare la progressione nel tempo dell’affinarsi di questo mezzo di comunicazione, meritano una segnalazione particolare Alex Raymond e Milton Caniff, che sono stati maestri di tutta una schiera di disegnatori, in tutto il mondo, che da loro trassero insegnamento ed ispirazione.
Il primo, Alex Raymond, è il creatore di Flash Gordon il memorabile protoastronauta. Il secondo, Milton Caniff, nel 1947 diede vita a Steve Canyon che potremmo definire il Gary Cooper dei comics. Oltre che per l’importanza dei personaggi creati questi due autori sono da ricordare per gli stili che usarono. Perfettamente realistico Raymond; inimitabile nella stilizzazione del suo segno il secondo.
Un ricordo particolare lo si deve a Charles Monroe Schulz (1922 – 2000), l’indimenticabile padre dei Peanuts. Nati nel 1950 suscitarono inizialmente poco consenso di pubblico, però dopo breve tempo diventarono il più straordinario successo editoriale e sociologico di tutti i tempi.
Per i contenuti delle sue brevi storie, concluse in un’unica striscia, Schulz si è rifatto ai suoi ricordi d’infanzia (anche il padre di Schulz era barbiere come il padre di Charlie Brown che è il personaggio principale del fumetto), ma da grande osservatore del mondo dell’infanzia e non solo, ha trasmesso nella sua opera tutti i tic del mondo contemporaneo.
Il tema dei Peanuts è quello del grande insuccesso americano. Il conciliante eroe del fumetto, Charlie Brown, ha dimostrato di non essere nemmeno capace di calciare una palla, o far volare un aquilone, o vincere una partita di baseball, solo per citare alcuni dei suoi insuccessi. Il più grande tormento di Charlie Brown è una bambina beffarda, accigliata e sibillina di nome Lucy Van Pelt. Suo fratello Linus è un bambino precoce, ma psicologicamente fragile che va in pezzi senza la sua coperta di sicurezza. Schroeder, la cui unica passione è suonare Beethoven su un pianoforte giocattolo; la generosa Peppermint (Piperita) Patty, il sudicio Pigpen, Franklin (il negretto con gli occhiali) e pochi altri completano il cast dei Peanuts nel quale non è mai comparso un adulto.
Nella striscia ha un posto a sé Snoopy, il bracchetto di Charlie Brown che del suo padrone è la completa antitesi. Sia pure nella fantasia egli è un grande scrittore, un grande atleta, un grande amatore, il proprietario della cuccia più lussuosa ed il più celebrato pilota della seconda guerra mondiale (" Un giorno ti avrò, Barone Rosso!"). Questi bambini che si comportano e ragionano come adulti, le situazioni in cui la commedia è solo un velo lieve buttato sulla sottostante tristezza, la crudeltà celata dietro le risatine, tutto ciò conferisce ai Peanuts un sapore agro-dolce e una sottintesa ambiguità spesso sconcertanti. C’è, nei Peanuts, un grido di disperazione dall’accento quasi kirkegaardiano e decisamente attuale, nel racconto della piccole nevrosi quotidiane della società dei consumi.
Questi gli autori ed i personaggi che sono stati privilegiati in questa breve rassegna; sono americani perché è negli Stati Uniti che è nato e si è maggiormente affermato il fumetto. Sono stati scelti perché dopo anni talora sui nostri giornaletti (e non nelle pagine dei quotidiani come negli U.S.A.) sono stati tradotti e letti dagli italiani, a volte ribattezzati con altri nomi. Fra le tante testate: Corriere dei Piccoli, Topolino, il Giornalino, l’Intrepido, l’Audace, l’Avventuroso e molte altre.
Su questi giornali apparvero tuttavia dei personaggi nati dalla fantasia e dalla penna di grandi autori italiani. Fra questi vengono alla memoria i nomi di:
· Bonaventura: Sergio Tofano – 1917.
· Sor Pampurio: Carlo Bisi – 1928.
· Marmittone: Bruno Angoletta – 1928.
Da sottolineare che sui nostri giornali le nuvolette non uscivano dalla bocca dei protagonisti; per parecchi anni i testi erano delle strofette a rima baciata, inscritte in pannelli, in calce alle vignette.
Craveri, i fratelli Pagot, De Seta, Manca (autore dell’arcinoto Professor Lambicchi il quale, con una pennellata di una vernice di sua invenzione, materializzava qualsiasi oggetto o persona che lui disegnasse) e qualche altro, furono i disegnatori che durante l’arco di alcuni decenni detennero il monopolio dei personaggi apertamente comici nel nostro paese.
Di tipo assai diverso per il contenuto delle sue storie, per le vicende del periodo storico in cui visse, per l’impostazione grafica di estrema semplicità, pur trattando storie del mondo reale, è il personaggio di Dick Fulmine dei fratelli Carlo e Vittorio Cossio, iniziato nell’anno 1938 e pubblicato fino al 1955. Nato come normale personaggio avventuroso, vagamente somigliante al campione dei pesi massimi di allora, Primo Carnera, durante il periodo della guerra, fu sfruttato dal Minculpop come simbolo del valore e della forza italico-fascista.
Negli anni della seconda guerra mondiale fa il suo apprendistato il giovane Benito Jacovitti con i suoi primi personaggi Pippo, Palla e Pertica cui seguirono leggendari altri nati dalla sua stralunata fantasia: Mandrago il Mago, Cip, Zagar e tanti altri tra cui Cocco Bill, indimenticabile eroe western.
Altri characters italiani famosi di questi ultimi decenni sono da ricordare:
· Asso di Picche (1945) di Hugo Pratt e Mario Faustinelli.
· Tex Willer (1948) di Gian Luigi Bonelli e disegnato da Aurelio Galeppini (Galep).
· Pecos Bill (1949) di Raffaele Papparella.
E a seguire tanti altri fino all’avvento nel 1969 del grande personaggio che è uscito, per la prima volta nella storia del fumetto italiano, dai confini del nostro Paese, diventando, per la genialità del suo autore Hugo Pratt, un personaggio mondiale (forse più conosciuto e stimato all’estero, che non in Italia). Si tratta di: CORTO MALTESE.
Fine della prima parte.