Da un documento fornito dalla Biblioteca di Zelarino,
mentre l’autore è sconosciuto.                                      

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a cura di Aldo Ghioldi

La conformazione del territorio era boscosa e sulla base di ciò molto probabilmente, alcuni studiosi hanno ipotizzato, per Zelo e Zelarino, la derivazione dalla parola tedesca “Zohl” che significa legno o bosco.

 

 

 

 

 

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Piuttosto fantasiosa e priva di fondamento è l’interpretazione settecentesca del Pezzagna che postula che la parola "rin" fosse un sinonimo di rivo e quindi il toponimo deriverebbe dalla locuzione "dal rin" ossia luogo prossimo al fiume.
L’interpretazione più attendibile è quella che postula la derivazione dal termine "cella" forse scritta anche "celluljnu" intesa come unità territoriale minima oppure cappella o oratorio campestre o deposito di prodotti della campagna.
Zelo, invece, potrebbe derivare da "agellus" ossia piccolo campo o podere, mentre Selvanese deriva piuttosto chiaramente dal latino "silva".
L’intera zona del territorio di Zelarino era occupata da un bosco, con paludi e acquitrini che si estendeva a coprire un quadrilatero i cui vertici erano individuati nei centri di Zelarino, Campalto, Meolo e Casale.
Alcuni oggetti di selce rinvenuti recentemente, attestano l’insediamento di uomini primitivi mentre mancano elementi che possano testimoniarci l’esistenza di un villaggio romano nonostante l’importanza che rivestiva l’asse viario della Castellana, che era la più comoda e diretta via di comunicazione fra le lagune venete e i valichi alpini.
Non ci sono più notizie di questa zona, né fonti documentarie, fino al 1006, quando la moglie del conte Longobardo Wangerio lascia al monastero benedettino di San Zaccaria di Venezia un terreno posto "In Villa Cilarini".
Nel documento di donazione c’è la descrizione dell’assetto di quest’area, all’inizio del primo Millennio: vi sono alcune case con corti che hanno orti, terre arative, pascoli vigne e alberi da frutto di loro pertinenza. L’ambiente circostante è caratterizzato dalla presenza di vaste aree boschive e da corsi d’acqua su cui è stato costruito un mulino.
Zelarino nel Basso Medioevo si trova sia amministrativamente che religiosamente sotto il Dominio di Treviso.
Infatti, fino agli inizi del 1300, è nominata solamente nelle bolle papali che confermano al vescovo di Treviso i suoi possedimenti e la sua giurisdizione.
Una definizione più approfondita del territorio di Zelarino risale al 1315, quando i Trevisani intrapresero la descrizione delle strade pubbliche del territorio di Mestre che era diviso in Regole fra cui troviamo citate Zelarino, Zelo, Selvanese e Tarù. Nelle fonti documentarie troviamo citata la strada Castellana chiamata "via Imperialis" e il fiume Marzenego e apprendiamo che ogni regola comprendeva un villaggio, la cui autorità pubblica era costituita dal "meriga" (una specie di sindaco), le sue pertinenze di campi, le strade pubbliche, i corsi d’acqua e i ponti.
Questo territorio fu teatro di battaglie, scorribande e distruzioni per tutto il XIII secolo fino a quando Venezia volse il suo interesse verso la Terraferma e nel 1339 Treviso e Mestre passarono sotto la dominazione della Repubblica di Venezia.
Prima si verificò un avvenimento che caratterizzò la storia di Zelarino. Nel 1331 Giovanni di Boemia, figlio di Enrico VII scese in Italia per ricostituire il Sacro Romano Impero e investì il nobiluomo veneziano Nicolò Foscari e i suoi eredi del titolo di conte di Zelarino. Il feudo onorevole era costituito da 400 campi, che il Foscari aveva precedentemente acquistato.
Questo feudo passò, nel corso dei secoli, al primogenito maschio e il titolo fu successivamente rinnovato dal Doge verso la metà del 600 e nel 700.
Zelarino così dal XIV secolo unì il suo destino politico alla Repubblica di Venezia venendo compresa nella podesteria di Mestre e al casato dei Foscari, mentre spiritualmente rimase legata alla diocesi di Treviso.
Dopo la guerra di Cambray, fino alla caduta della Repubblica di Venezia e l’arrivo delle truppe napoleoniche, il paese e il suo territorio godettero di un periodo di relativa tranquillità.
Durante la breve dominazione Napoleonica il paese venne a formare un comune indipendente e, cosa interessante da segnalare, non sottostando a quella che era una delle più famose leggi della dominazione francese, a Zelarino non fu imposto di spostare il cimitero che si trovava attorno alla chiesa come da usanza.
Successivamente, nel 1814 Zelarino entrò a far parte del regno del Lombardo Veneto e dal 1866 fu un comune del Regno di Italia fino a quando, nel 1926, con Mestre venne incorporato come frazione nel comune di Venezia e contemporaneamente passò dalla diocesi di Treviso a quella di Venezia.

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Iª Scuola Materna - fine anni quaranta.


la vita

Quattro erano i colmelli (zone) della parrocchia cioè Zelo, Zelarino, Selvanese e la Gatta.
La vita di questi paesi e dei loro abitanti è stata strettamente legata, fino alla metà di questo secolo, alla campagna e al raccolto annuo e di conseguenza dipendente dagli eventi naturali, quali tempeste e "brentane" (inondazioni) che determinavano i periodi di carestia accentuate molte volte da altri fattori come gli eventi bellici o le pestilenze.
Nel XVIII secolo Zelarino era abitata da circa 700 persone, ma possiamo ipotizzare che il numero degli abitanti sia sempre oscillato, nel periodo della dominazione veneziana, fra i 500 e i 700 abitanti.
La quasi totalità della popolazione di Zelarino era costituita da "pisnenti" ossia braccianti che avevano in affitto dai proprietari terrieri delle chiesure che non raggiungevano i dieci campi di estensioni ed erano inoltre sottoposti a prestazioni lavorative ogni qualvolta ciò fosse necessario e da "massarioti" ossia mezzadri che coltivavano terreni di medie dimensioni. Si trattava, quindi, di famiglie che si occupavano di coltivare i campi e che il più delle volte vivevano in condizione al limite della sopravvivenza.
L’affitto, generalmente era pagato o in denaro o in natura cioè in granturco, "formento crivellato" miglio, legumi, avena, sorgo, vino, canapa, uova, galline, capponi ecc.
Vi erano inoltre, due famiglie di mugnai, una che sovraintendeva al mulino Foscari sul Marzenego e una che si occupava del mulino Pezzagna sempre sul medesimo corso d’acqua a Zelo. C’è da segnalare inoltre, un’osteria di proprietà dei Foscari a Zelarino, a cui era legata un’attività di beccheria, una bottega da fabbro e pochi altri artigiani.
I contadini che risiedevano nei quattro colmelli che formavano la Parrocchia abitavano generalmente nei casoni di paglia, mentre i più abbienti risiedevano in casette o masserie generalmente in muratura con il coperto in tavole di legno. Fra le più importanti costruzioni a Zelarino vanno ricordate, nella seconda metà del XVIII secolo, due palazzi Foscari, uno dei Foscari di San Simeone Piccolo, un altro detto Foscari della Ca’ Grande.
A Zelo, invece, c’erano tre ville, Villa Muttoni, Villa Pezzana, Ca’ Lin con l’oratorio sulla Castellana; nel colmello della Gatta, oltre alle abitazione dei braccianti e dei mezzadri c’era un oratorio campestre, mentre alla Selvanese spiccava il Palazzo Zino che aveva anch’esso un oratorio campestre.
La maggior parte dei fabbricati (106 nel 1828) era localizzata lungo gli assi viari principali, la strada comunale Castellana, la strada comunale Selvanese e la strada comunale della Gatta, mentre le masserie si trovavano ubicate lungo gli assi viari secondari cioè le strade consortive. Dagli Atti Preparatori del Catasto Austriaco si ricavano interessanti notizie sul territorio e sui tipi di coltivazione praticate a Zelarino nell’ottocento.
Il territorio era diviso in possedimenti che comprendono dai 20 ai 50 campi e avevano la loro casa colonica, il rimanente era costituito da piccole "chiesure" costituite da 1 a 5 campi.
In questi possedimenti si trovavano campi arativi con alberi e viti, campi prativi e generalmente dei pascoli. Gli alberi presenti erano in genere aceri, frassini, pioppi e salici, la distanza di due pertiche fra albero e albero era occupata da 4 gambi di vite. I terreni venivano lavorati con l’aratro e i prodotti del lavoro contadino come granturco e fieno erano consumati dagli stessi abitanti mentre gli altri generi erano venduti e scambiati nei mercati di Venezia, Mestre e Mirano. Gli arativi arborati vitati migliori erano quelli che si trovavano nei pressi della Castellana mentre i prativi, che si falciavano due volte l’anno, erano localizzati nelle immediate vicinanze del Marzenego e del Dese.
Anche per tutto l’ottocento la popolazione di Zelarino rimane costituita prevalentemente da fittavoli, che avevano contratti di locazione con i pochi facoltosi possidenti della zona nelle cui mani si concentravano estesissimi latifondi; molto pochi erano i fondi condotti a mezzadria mentre i fittavoli si valevano per lavorare i campi di servitori salariati.
Nel 1876 la popolazione di Zelarino raggiunse le 2134 unità mentre all’inizio del XX secolo si attestò sulle 2500 unità circa.
Le condizioni sanitarie non erano delle migliori poiché esisteva un notevole numero di abitazioni malsane da cui bisognava allontanare stalle e letamai, dato che c’erano notevoli problemi di approvvigionamento idrico.
L’assetto territoriale e urbanistico rimase pressoché invariato per altri cento anni circa, infatti le trasformazioni più rilevanti nello sviluppo urbano di Zelarino, sono avvenute a partire dalla fine della Seconda guerra Mondiale. La perdita, nel 1926, della sua autonomia amministrativa, però, influirà notevolmente sull’assetto urbanistico del territorio e sullo sviluppo dei servizi.