Luned’Arte

Incontro con l’autore...




a cura di Graziella Mazzoni e Aldo Ghioldi










Sandro Mattiazzi

















































































































































La copertina del libro

Sono iniziati i Luned’Arte, una serie di incontri che cadranno sempre di lunedì e avranno come argomento i fatti dell’arte, come suggerisce il nome inventato dal professor Stoppani.
-L’iniziativa si propone di far incontrare i corsisti del Centro Territoriale Permanente con i poeti, musicisti e tutti gli artisti che possono dire qualcosa del proprio "mestiere"- ha detto il preside Antonio Gumina, introducendo il primo incontro -fare cultura è uno degli obiettivi più significativi del Centro e questa è l’occasione per cominciare nel migliore dei modi-.
Lunedì 28 Ottobre 2002 si è tenuto il primo incontro.
Ospite lo scrittore Sandro Mattiazzi che ha commentato il suo ultimo libro "Veneziani - figli del leone alato", nella Collana "Le guide xenofobe", editrice Sonda.
Sulla copertina del libro ci sono, oltre al titolo, le immagini della Venezia tipica: dalla gondola al leone, dal piccione al ponte di Rialto e il titolo della collana potrebbe far pensare che i veneziani siano contrari a tutto ciò che è straniero, ma invece è proprio l’opposto. L’autore ha voluto descrivere in modo ironico, il carattere, il modo di pensare e fare dei veneziani.
Chi era presente all’incontro, specialmente se veneziano doc, avrà certamente apprezzato la lettura di alcuni brani fatta con il giusto intercalare dal Mattiazzi. Oltre ad aver sottolineato, data la presenza anche di molte persone non ancora padrone della nostra lingua, cosa significhino alcune parole in dialetto come il ciò, fatalità, ciacole, freschin, foresti ecc., ha raccontato alcuni episodi realmente accaduti e ascoltati in quel di Venezia.
Per meglio capire il comportamento, il carattere del veneziano, riportiamo sulle pagine del nostro giornale, alcuni "assaggini" (si dovrebbe dire cicheti) che sicuramente invoglieranno i lettori ad approfondire la conoscenza di questo delizioso volumetto.

Cio’

Questo intercalare classico sulla bocca dei veneziani, può avere, a seconda del discorso, significati diversi.
Per esempio, se si sente dire Ciò varda chi si vede significa tò che sorpresa! Se si dice "ciò" usato da solo vuol dire "ei" e funge da richiamo.
E ciò, gera da vederla
significa che bisognava aspettarselo. Ciò, ciapa sta per tieni, prendi.

Fatalità

Un’altra espressione veneziana famosa come il ciò è fatalità; basta viaggiare sui vaporetti e ascoltare brani di conversazione per capire quanto è usata.
Addentrandoci nei meandri della storia, si sono trovati aneddoti riguardo a fatti accaduti , nei quali la parola fatalità ha avuto un ruolo preponderante, riuscendo così in qualche modo a risolvere il contenzioso.
Nel periodo più caldo nella guerra con i Turchi, si racconta che una delegazione veneziana fosse stata inviata per trattare il possesso di una piccola isola. Sembra che dopo ore di discussione non si fosse raggiunto alcun risultato concreto per la causa della Repubblica. Quando la delegazione ritornò, portò invece buone notizie. … -Gerimo drio tornar a man vode -riferì il capo della delegazione- quando me so intopolà (sono inciampato) ribaltando dosso ai Turchi el tè che bevevo. FATALITA’ i Turchi se ga messo a rider e tuto ze ‘ndà ben-.

Dove ci troviamo noi? A Mestre.

Venezia e Venezia – Mestre è anche il titolo di un piccolo brano inserito nel libro.
Che ci siano delle difficoltà di comunicazione lo sappiamo, ma per mettere in evidenza alcuni aspetti della relazione dei veneziani con Mestre, parliamo degli spostamenti tra le due città che, benché vicinissime sono lontanissime.
Una conversazione tra due veneziani ascoltata nel solito vaporetto, suonava pressappoco così: -Non so se dopo vegno a zogar a carte, so stanco del viagio-.
-Dove ti zè ‘ndà de beo?-
chiede l’altro -so apena tornà da Mestre. Na stancada!- replica il primo.
Circa un quarto d’ora di filovia, come ci si ostina a dire ancora oggi, eppure molti veneziani sono convinti che Mestre stia ai confini del mondo. D’altra parte, non esiste alcun collegamento privilegiato tra le due città e dopo le dieci di sera, tornare da Mestre a Venezia è davvero un’impresa. Il buffo è che, anche a Mestre, i turisti troveranno negozi di vetro di Murano e "specialità veneziane". Ma questo non conta, l’importante è litigare e in questo Venezia e Mestre sono imbattibili. I mestrini accusano Venezia di spocchia e arroganza, i veneziani li ricambiano accusandoli di essere dei provinciali.
Una delle caratteristiche che si riscontrano tutt’oggi è l’idea di venezianità legata alla tradizione e non è appannaggio delle persone di una certa età; anche i giovani, i pochi che sono rimasti a Venezia, rispondono attraverso questa spinta genetica, reagendo in un certo modo alla venezianità.
Ma Venezia è tante cose. Venezia è anche situazioni e leggende ed eccovene una che riteniamo interessante e piacevole e si chiama "Le vere da pozzo"
Ogni angolo di Venezia ha il suo pozzo di cui i turisti possono sbizzarrirsi a studiare le forme, le decorazioni e la copertura in metallo che in alcuni casi suona come un tamburo.
Attorno ai pozzi, ormai secchi e quindi inutilizzabili, sono nate storie e leggende a non finire anche queste intrecciate con la storia ufficiale.
Il pozzetto d’Oro ai Birri, località vicino a San Canciano, si chiama così perché la sua acqua era eccellente, ma la tradizione orale riferisce che il nome abbia un’altra spiegazione.
Pare infatti che un certo Nicoletti, di famiglia nobilissima, si fosse invaghito di Cecilia, una bella popolana. Nonostante l’insistenza, il nobiluomo non riusciva a strappare un appuntamento alla fanciulla. Conoscendo le difficoltà economiche della famiglia di Cecilia, il nobiluomo promise alla ragazza che per ogni incontro le avrebbe donato un oggetto d’oro. Cecilia, se pur a malincuore, acconsentì e diede a Nicoletti appuntamento ad un pozzo dei Birri. Gli appuntamenti si susseguirono e ad ogni incontro, sia detto per inciso, solo per parlar, Cecilia tornava a casa con il suo bravo oggetto d’oro. Non solo, ma poiché Cecilia continuava a ricusare le continue proposte di matrimonio del buon uomo, questi, con il protrarsi degli appuntamenti, finì per rovinarsi completamente, mentre Cecilia e la sua famiglia acquisirono una fortuna. Da qui il nome di pozzetto d’Oro e dopo aver ascoltato la storia, questa seconda spiegazione risulta davvero convincente. Non sappiamo se a Venezia esistano ancora uomini come il nobiluomo Nicoletti, ma il pozzetto d’Oro c’è ancora.
Alle signore tentar non nuoce.

Un’altra caratteristica di Venezia è il vino.
E’ sempre stato amatissimo dai veneziani ed è sempre stato una specie di culto.
E’ capitato di sentire questa recente conversazione da due marinai della A.C.T.V. (azienda di navigazione lagunare).
-Go bevuo do litri de vin al matrimonio de Bepi, ma non me ga fato mal, gera vin bon-.

Se il vino è buono non può fare male; così la pensano ancora moltissimi veneziani, in barba alle statistiche e ai consigli medici.
Parlando di situazioni un attimo più conflittuali, a Venezia c’è il discorso delle botteghe. "Venezia no, Venezia no, non cambia mai…" recita una famosa canzone riproposta continuamente dalle serenate in gondola, quando invece un furioso continuo cambiamento agita le acque lagunari già turbate di loro per il moto ondoso.

…No ghe gera ‘na botega... qua jeri?

Siete tornati a Venezia dopo un anno o anche solo dopo qualche mese. Il ponte di Rialto e la loggetta del Sansovino sono sempre allo stesso posto, ma in compenso, avrete qualche difficoltà in più a ritrovare negozi visti precedentemente.
Non è un caso di amnesia fulminante; da qualche anno ormai i negozi di svariato genere a Venezia cambiano continuamente di gestione e spesso cambia anche il genere di merce venduta. In pochi mesi un negozio di abbigliamento diventa un’agenzia immobiliare, un alimentare si trasforma in un negozio di maschere e quello che era magari un ottimo panificio, è ora un bar nuovo fiammante, almeno per il momento.
Naturalmente più ci si avvicina alla zona di San Marco, più rapidi e frequenti sono i cambiamenti, ma poco alla volta l’intera città sta diventando preda di questa mania trasformista.
Tempo fa un signore avanti con gli anni, sostava sgomento fuori dalla porta di un negozio di cambio.
In mano teneva una borsa con due paia di scarpe da risuolare e guardava la porta dell’agenzia, il nome della calle, il numero civico, il sacchetto e ancora la porta. Finalmente come per cercare conferma, esclama:
-No ghe gera ‘na botega… qua jeri?-

Certamente l’anziano signore si riferiva almeno a due o tre mesi prima, ma in ogni caso si può capire la sua sorpresa. I veneziani tirano un sospiro di sollievo nel constatare che i "negozi quotidiani" sono al loro posto, panetteria compresa.

Un altro fatterello descritto nel libretto, è un problema di cui generalmente non si parla ma che è molto importante, la mancanza delle toilette.

Quando serve… serve.

A Venezia trovare una toilette è un problema da non sottovalutare.
Bagni pubblici ce ne sono ma non sempre funzionano e la loro dislocazione è soprattutto concentrata nel cuore della città. Rimangono sempre i bar, ma spesso sono sprovvisti di gabinetto, per cui vi può capitare di dover bere un caffè ordinato, generalmente si usa così, e di trovarvi, dopo la consumazione, in peggiori difficoltà.

Supermercati a Venezia.

Ricavati all’interno di spazi impossibili, i supermercati sono frequentati dai veneziani con le stesse modalità con cui frequenterebbero il negozio sotto casa.
Al banco degli affettati e formaggi:
-Cosa diselo
? Togo sto formajo o speto queo che riva dopodoman?… Chel parsuto xe bon? L’ultima volta che lo go tolto, non el ghe ga piasso a nissun-.
E alla cassa, una cliente alla cassiera:
-Ve gavè divertio in montagna
? Gera bel tempo? To fia sta mejo-?
Mentre gli altri clienti aspettano pazientemente il loro turno.

Accadono delle cose molto curiose e soprattutto vere a Venezia, leggete queste poche righe dal titolo:

Bisogna gridare… per farsi sentire.

"Scusi dov’è Piazza San Marco?"
Quando un veneziano doc si accorge che il turista parla una lingua a lui sconosciuta, italiano compreso, questa è, in linea di massima, la risposta.
-El vada drito par de là, po el gira a destra-.
Dallo sguardo attonito dell’interlocutore, il veneziano comprende che il turista non ha capito nulla:
-El vada drito PAR DE LA’ (alzando la voce) PAR DE LA’
(ripetendo), po el gira a DESTRA- ripetendo l’ultima parola a voce ancora più alta e concludendo con un -El ga capiò?- a voce altissima.
A questo punto il turista spaventato fa cenno di sì con la testa e cerca d’andarsene il più rapidamente possibile.
Vedendolo allontanarsi speditamente, il veneziano commenta tra sé soddisfatto:
-Alla fine el ga capio!-