Racconti
Ristrutturazione di un centro commerciale...
di Valter Fontanella

Per tempo era stata data notizia della ristrutturazione ai quotidiani più diffusi sul territorio nazionale, e ovunque erano stati affissi dei cartelli ben leggibili, con cui la spettabile clientela veniva debitamente e in anticipo informata che il centro commerciale sarebbe rimasto chiuso per tre settimane, intorno a Ferragosto.










 

La giornata già si annuncia splendida, quando il dottor Lucio Maria Malfatti esce di casa.
Nel momento in cui l’autista, pieno di ossequio, si affretta ad aprirgli lo sportello per farlo salire in automobile, lo vede volgere estatico gli occhi al cielo luminoso e lo sente mormorare con voce sognante: “Ecco, questo è un buon presagio. Questo è davvero un buon giorno. Il migliore, senza dubbio, per dare finalmente inizio all’operazione.”
Giorni prima, in una giornata di sole altrettanto luminosa e calda, il dottor Malfatti, il direttore generale, colui che abitualmente medita profondi pensieri nell’ufficio più eccelso, e di assai difficile accesso, dell’immenso centro commerciale, inaugurato ormai da qualche mese alla presenza di sua eccellenza il signor ministro, era stato colto da un violentissimo attacco di paranoia. Come conseguenza immediata, ne era scaturita una decisione irrevocabile e memorabile. Aveva allora decretato che tutti i reparti del mastodontico complesso andavano completamente ristrutturati, dai vasti magazzini, posti ben al di sotto del livello della strada, al raffinatissimo, ultimo piano. Con oscure minacce aveva stroncato sul nascere le esigue e flebili voci di opposizione, ed estorto il pieno e totale assenso dei suoi più stretti e fidati collaboratori.
Ristrutturare era stata da subito la gioiosa parola d’ordine ufficiale, ed era risuonata alta e forte per ogni dove. Si era forse mescolata a qualche sotterraneo e fiacco mugugno, ma questo mai comunque sarebbe arrivato alle orecchie del dottor Malfatti.
Magari anche approfittare della circostanza per abbassare un poco la qualità dei prodotti, e aumentare, come è ovvio, almeno un pochino i prezzi, era stata la parola d’ordine non ufficiale, sussurrata questa, tra acquiescenti strette di mano, soltanto nel sancta sanctorum, ben protetto da presenze indiscrete, isolato acusticamente e dotato di abbondanti difese elettroniche contro le intercettazioni ambientali.
Per tempo era stata data notizia della ristrutturazione ai quotidiani più diffusi sul territorio nazionale, e ovunque erano stati affissi dei cartelli ben leggibili, con cui la spettabile clientela veniva debitamente e in anticipo informata che il centro commerciale sarebbe rimasto chiuso per tre settimane, intorno a Ferragosto, onde provvedere a una inderogabile, necessaria e nuova sistemazione dei reparti e al riordino interno degli stessi. Per meglio rispondere alle esigenze dei signori clienti di ogni età, vi veniva debitamente precisato.
Il centro commerciale era stato riaperto con l’abituale puntualità, vale a dire con il consueto, leggero ritardo, anche se, già nel primissimo giorno della ristrutturazione, e dunque ben prima ancora della riapertura, quando ancora negli ampi spazi avevano appena cominciato ad aggirarsi soltanto gli addetti ai lavori più pesanti e meno qualificati, si erano presentati i primi problemi, c’erano state chiare avvisaglie di quello che sarebbe potuto accadere. Con doverosa e pronta sollecitudine si era provveduto a segnalare a chi di dovere le grosse difficoltà che la nuova sistemazione avrebbe potuto comportare per tutti, addetti ai reparti e clienti.
Il paranoico ristrutturatore aveva però liquidato con un cenno distratto della mano i pareri disfattisti di quei pochi dissenzienti in malafede, e non era sceso per controllare. Era rimasto saldo e imperterrito nel suo nido d’aquila, e non aveva certo preso in considerazione l’idea di ritornare, nemmeno parzialmente, sulle sue decisioni. Confidava ciecamente nella bontà dei rilevanti e armoniosi provvedimenti che erano stati presi in altissimo loco, sotto la sua diretta, personale, ferrea e puntigliosa orchestrazione.
Con un piccolo, contenuto ritardo le porte del centro commerciale vengono dunque finalmente riaperte alle frotte di clienti, sollecitati dalla pubblicità e ansiosi di nuovi acquisti.
Quasi immediatamente sale al cielo il pianto lungo e affannato dei bambini, che non trovano al solito posto il reparto dei giocattoli, e quando trovano il reparto, continuano a piangere ancora più disperati e delusi, perché negli scaffali insoliti non trovano al loro posto i giocattoli che avevano visto e desiderato, e che i genitori, dopo le tante insistenze dei bimbi e le loro ripetute promesse di essere buoni e bravi, si erano finalmente decisi a comperare.
Di fronte alle lacrime copiose dei figli, i papà, esterrefatti, si sentono inutili, incapaci di prestare conforto, e stanno a guardare in silenzio. Ma anche le mamme, ben presto innervosite dal pianto ininterrotto, non riescono in nessun modo a calmare i piccoli. E allora, esasperate, incattiviscono con la povera commessa disponibile, che si scusa, ma confessa che lei stessa, a sua volta, non sa a che santo votarsi, perché non riesce a raccapezzarsi in quella confusione babelica di giocattoli e rischia di perdersi nei meandri del tutto nuovi del reparto ristrutturato.
I clienti abituali, non appena hanno varcato le grandi porte di vetro, si sono diretti a passo sicuro verso la zona di sempre, quella ben nota. Ma anche per loro non c’è stato nulla da fare, non sono riusciti a trovarla. E ora, dopo aver vagato a lungo e con lo sguardo allucinato di zona in zona alla vana e disperata ricerca del reparto in cui si trova quanto avevano in animo di comperare, hanno perso del tutto l’orientamento. Ora vagano alla disperata ricerca di qualcuno che possa dare almeno qualche indicazione sommaria, oppure di una piantina che li possa guidare con certezza verso l’uscita, verso la salvezza dall’incubo, perché, dopo tanto vagare, nemmeno le porte riescono più a individuare.
Quando, per un caso assolutamente fortunato, un possibile acquirente riesce a raggiungere in modo del tutto inaspettato il reparto di vendita che così a lungo aveva cercato, non è in grado in nessun modo di raccapezzarsi. Si sente perdere tra i prodotti venduti a prezzo normale e quelli venduti a prezzo speciale o sotto costo, tra le semplici occasioni e quelle imperdibili, e allora vaga con l’occhio smarrito e frastornato avanti e indietro, su e giù lungo tutti gli scaffali.
Nell’immenso ambiente sconvolto dalla ristrutturazione, che ha investito e rimescolato tutti, indistintamente tutti i reparti, nessuno riesce a comprendere le modalità dell’organizzazione e le finalità ultime di quanto è avvenuto nel breve volgere di pochi giorni. Gli acquirenti, che di momento in momento entrano allegri nel complesso, ben presto si aggirano sperduti e con gli occhi sbarrati, accrescono la confusione, torturano di domande i rari commessi incapaci di risposta, che, pure loro, vagano spaesati. E anche gli sparuti addetti al magazzinaggio vengono torturati invano, mentre, a loro volta, di continuo impacciati dalla folla, girano incerti e preoccupati con i carrelli di rifornimento colmi di merci, che rischiano di precipitare addosso ai clienti.
Il direttore generale, informato di quello che sta avvenendo, è finalmente sceso dal suo solitario e quasi inaccessibile nido d’aquila e si è confuso alla folla, per convincere, per rabbonire, per sedare le proteste, per tentare di dirigere di nascosto le operazioni di vendita, ancora convinto, come è ovvio, della bontà dei provvedimenti presi sotto la sua oculata direzione e le sue ispirate indicazioni. Ma invano si affanna il direttore, non serve a nulla la sua azione occulta, è irrilevante il suo intervento capillare, perché la marea del malcontento continua a salire inarrestabile e inesorabile, come avviene quando sull’Adriatico soffia un forte vento di scirocco e tanta parte di Venezia finisce irreparabilmente sotto acqua.
Di fronte a quella situazione divenuta ben presto del tutto incontrollabile, il direttore decide di prendere di petto la situazione, di uscire dalla clandestinità, di abbandonare ogni sotterfugio e di intervenire apertamente e di persona. Si rifugia nella sala di controllo, impugna con mano salda il microfono, siede con decisione di fronte alla telecamera, e allora per tutto l’immenso centro commerciale si spargono la sua immagine autorevole e la sua voce, tesa a sedare, ammonire e convincere. Quando, dalle reazioni energiche della folla esasperata, comprende che gli acquirenti non vogliono recedere dalle vibranti proteste, decide che è venuto il momento di abbandonare ogni cautela e di intervenire con la massima durezza. Dichiara allora, e ribadisce con forza, che ogni discussione è del tutto fuori luogo e proprio inutile, perché quella ristrutturazione, la migliore tra quelle umanamente possibili, è stata fatta a esclusivo vantaggio dei signori clienti, e che nulla la potrà ostacolare e, tanto meno, annullare. Non certamente ci riusciranno le proteste dei soliti, pochi scalmanati e malcontenti di tutto, pronti sempre a creare il caos e a gettare discredito su ogni provvedimento, a spargere zizzania. Non appena ha finito di parlare, il direttore, di certo un incallito prepotente, ma anche piuttosto incauto, ostentando un cipiglio feroce si affaccia impettito alla balaustra per controllare gli effetti delle sue parole, certo di aver sedato il tumulto.
E però nessuno, sicuramente non lui, il direttore più generale di tutti, sa che nel punto in cui è andato a piazzarsi temerario si trova il polo di attrazione della potente energia negativa e distruttiva che sempre più celermente si sta sprigionando dai commessi esasperati e dalla folla inferocita degli acquirenti. E quel polo ha subito cominciato ad attirare, raccogliere e accumulare sinergicamente gli influssi negativi e le forze distruttive che si levano dalla folla scontenta, fino a trasformarli in una densa nube nera, che si materializza all’improvviso sotto gli occhi di tutti, e si gonfia, e repentinamente cala sul direttore e lo avvolge, sottraendolo così agli occhi degli astanti. Quando una debole corrente d’aria, generata da una porta spalancata dall’ingresso di un nuovo, sprovveduto e inconsapevole ultimo acquirente, allontana la nera nube, del direttore non c’è più traccia, e già poco a poco tende a dissolversi la paranoica ristrutturazione da lui fortemente voluta e tenacemente perseguita e imposta.
Tutti i presenti, felici e soddisfatti, ma anche un poco curiosi della sua sorte, chiedono a destra e a manca dove se ne è andato a finire il direttore.
Qualcuno dice che ha vergognosamente approfittato dell’insperato riparo offerto da quella nube provvidenziale per defilarsi e ritornare in incognito a casetta sua, dove soggiornerà tranquillamente al caldo, per nove mesi almeno, in attesa di tempi e di condizioni migliori per provocare per davvero grossi danni, magari più grossi ancora di quelli appena arrischiati nel centro commerciale.
Qualcun altro dice che la potente nube di energia ha dissolto il direttore nei suoi atomi, che subito si sono dispersi nell’infinito spazio intergalattico. Una prece. Amen, concludono con una risatina compunta gli ascoltatori.
I suoi amici più intimi, come lui tutti quanti rigorosi, ciclici e incalliti ristrutturatori, sicuri del fatto loro, affermano risolutamente che in quella nuvola lui è asceso al cielo dei dicasteriali, nel reparto più augusto, quello dei ristrutturatori inflessibili e indomabili riformatori, e che lì soggiorna con lo sguardo perso nella contemplazione misticamente estatica del più perfetto, eterno e sublime piano di ristrutturazione che possa essere concepito.
Qualcuno, più malizioso di altri, un autentico impunito, sostiene che la nera nube di energia ha trasportato in un attimo il direttore al polo sud, e che qui lui ha trovato scampo, anche se ulteriori notizie parlano di un malcontento generale dei pinguini che, assai preoccupati dall’annuncio di un suo possibile intento, quello di ristrutturare la loro colonia, pensano già di regalare l’impenitente alle foche, perché prima ci giochino a palla, e poi lo passino alle orche, in modo che il mondo venga una volta per tutte liberato dalla sua rovinosa e funesta presenza.
Ma forse è nel vero chi ha riferito che il direttore, ormai interamente consacrato alla sua missione, ha deciso di attendere tempi migliori e sta in costante agguato di una nuovissima e assai più opportuna occasione, quella che gli permetterà di ristrutturare non un centro commerciale, non una nazione, ma un intero continente. E poi si vedrà, ha aggiunto con un incantevole sorriso chi ha riportato il suo pensiero. L’universo, per definizione, è infinito, aveva trovato modo di spiegargli il direttore, e dunque lascia non poco spazio ha chi ha intenzione di ristrutturare e di riformare.