Poesie
Dal libretto “Nove Suoni” di Milo Polles

 


 

 

 

Anche quest’anno il poeta Milo Polles ha impreziosito le mie ore d’italiano con due lezioni magistrali in una classe di terza media del CTP. Gli studenti erano già predisposti all’ascolto poetico, sia per un percorso didattico da me appositamente strutturato in precedenza, sia per la spiccata sensibilità culturale di questi corsisti, quasi tutti stranieri diplomati o laureati in patria, profondi conoscitori della letteratura della loro terra ma anche della nostra, per esempio di Dante Petrarca Leopardi ecc. Insomma l’atmosfera era giusta per ascoltare Milo che credo si sia trovato a proprio agio a leggere commentare discutere le proprie poesie con persone attente e preparate, dal momento che poteva chiosare il proprio discorso in prosa con metafore ed immagini poetiche in sintonia col titolo della breve raccolta pubblicata e presentata “Nove suoni” (componimenti leggeri come suoni dello spirito, in numero di nove: come le 9 muse o i nove pianeti o le nove sfere celesti di Dante? Chissà!) Fatto sta che Milo ne ha lette un paio sviscerandone poi le intime ragioni che le hanno ispirate , i profondi pensieri di cui sono sintesi, le emozioni che le parole poetiche con perfetta scelta musicale e lessicale sanno comunicare cristallizzando senza rinsecchire, concettualizzando senza impoverire. Una comunicazione insomma vitale per lo spirito, che per empatia ha fatto vibrare insieme i suoni dell’autore e dei fruitori d’arte.
Qui riportiamo due “suoni” dei nove relativi al testo antologico pubblicato da Polles, e che non sono le stesse presentate in classe: “Blues e Il lampadario” due musiche in bozzolo di seta che racchiudono un ovattato dolore il primo e un illuminante ricordo il secondo. Siamo sicuri che la loro lettura condurrà l’appassionato che già conosce Milo ad immergersi nella sua ultima, breve ma accattivante cascata di versi, ed il neofita che per la prima volta s’approccia alle sue composizioni a conoscere le sue numerore e più nutrite pubblicazioni precedenti, come Parlar d’amore, I canti di Caino, Inverno, Vieni amica vieni, Lumache all’incanto ecc.

Gabriele Stoppani

IL LAMPADARIO

Il lampadario di vetro di Murano
riverbera un sole che tramonta
Dalla fornace dell’isola al montaggio
ho provveduto tutto da solo
La mamma tiene ancora la scopa in mano
Ora ammiriamo i colori appesi
Dico “Accendiamo!”. “Là! indica la madre”.
Chiara, una cavalletta il pulsante
Michele ride ci guarda e prova anche lui.
Allegri passiamo in cucina.
Dopo, presto-presto, ancora in soggiorno
a gustare la TiVu in pillole:
CAROSELLO ( cuscino sopra il tappeto/
sotto il culetto, e guance addossate
ciascuna ai polpacci miei intorpiditi )
dolce rete di prodotti: vischio

BLUES

C’è sole, ho voglia di conversare
ma la donna sta a letto.
Accudisco il tè come balsamo;
in testa nenia un pensiero.

Le ombre si spostano verso sera,
oh, la sera!
Ti sorprendi ferito
il bambino monta sulle ginocchia
oh, sì! la sera tira
giù le pareti dai soffitti
portando la casa dentro la pelle.

Molti non hanno casa, ma
si può sognare, come me,
che penso di parlare con la mia donna.