Didattica
Considerazioni sull’insegnamento della matematica
di Alba Finzi

Alba Finzi è persona conosciuta e stimata nella nostra scuola grazie alle testimonianze sulla shoah che da molti anni nel giorno della memoria, con emozione e lucidità, offre a tutti noi, per non dimenticare le angherie i soprusi le torture le tragedie che gli ebrei (e la sua famiglia lei compresa) subirono per mano dei nazisti e dei fascisti, soprattutto dopo la promulgazione delle leggi razziali in Germania e in Italia.
In questo suo articolo, che con piacere riceviamo e pubblichiamo,
la scopriamo nella veste di docente, il lavoro della sua vita.
Con una visione critica iperbolica quanto propositiva e un’analisi rigorosa e serrata, Alba si interroga sul senso dell’insegnamento della matematica nelle scuole ed infine afferma:
“E’ necessaria una nuova
didattica della matematica, una matematica ordinatrice della realtà; che, intesa nella sua funzione essenziale, quella formativa, porti l’individuo a capire e a criticare in modo intelligente e obiettivo il mondo di cui fa parte…”.


 

L’argomento qui trattato vuole soltanto rilevare, con alcune osservazioni frutto di esperienza e di buon senso, come sia necessario nell’insegnamento eliminare la frattura che la scuola ha prodotto tra matematica, che è coscienza quantitativa della realtà, (e non una materia a sé stante, carente di spessore interdisciplinare; una sequela di numeri e di simboli senza rappresentazione) e nostra vita, nostro mondo di conoscere, memorizzare e comprendere attraverso la logica; un mondo raffigurato sempre nella scuola soltanto come coscienza qualitativa: il colore, gli oggetti intorno a noi, i nostri sentimenti, si analizzano isolati, senza raffronti con le complessità dell’esperienza e raramente le valutazioni quantitative vengono chiamate in causa per aiutare a dare maggior chiarezza ai risultati della nostra ricerca.
Questa la premessa alle nostre osservazioni.
Va aggiunto inoltre che oggi, in un mondo diventato così sfuggente per l’accelerarsi dei suoi progressi, è necessario trasmettere a livelli elementari, alcuni concetti che saranno gli strumenti per una giusta interpretazione dell’ambiente, anche nel suo rapido evolversi.

Ma entriamo in argomento:
noi sappiamo bene che quanto viene insegnato non tratta nozioni statiche, inamovibili; le nostre nozioni, come le nostre scoperte, hanno tutte una storia e sono relative al momento e al luogo in cui viviamo.
Un esempio che mi pare chiaro:
IL NOSTRO SISTEMA DI NUMERAZIONE E’ ANCORA VALIDO?
La sua storia la conoscete; noi lo adoperiamo da dopo la caduta dell’Impero Romano, con l’introduzione delle cifre arabe e dello zero in particolare.
E’ un sistema a base 10, basato cioè sul 10 e sulle potenze del 10 ed è posizionale.
La posizione di una cifra rispetto ad un’altra ci dice a che potenza di 10 quella cifra è elevata. Un esempio: il 127
Leggiamo come fosse scritto: (1 x 102) + (2 x l0) + 7.
Questa convenzione della posizione abbrevia di gran lunga la lettura del numero e i calcoli relativi.
Oggi sono molto diffuse le macchine calcolatrici, i cervelli elettronici, i computer..., macchine che tutti conoscono e non solo per esperienza indiretta.
Funzionano anch’esse con un sistema di numerazione a base 10? No, certo. La macchina deve essere strutturata in modo semplice, perché ci risponde accendendo delle luci.
Ora, una lampadina ha due sole possibilità: o è accesa, o è spenta; cioè o la corrente passa, o è interrotta. Ecco che il sistema di numerazione per le macchine è a base due. E’ anch’esso posizionale e la posizione delle luci indica la potenza del DUE a cui quel posto è elevato. E’ questo un sistema di una semplicità enorme, in tutti i processi operativi; ma, naturalmente, essendo a due sole possibilità: 0 (o spento) e 1 (o acceso), produce numeri lunghissimi.

Un solo esempio:
il 15 significa, a base 10: (1 x 10) + 5.
Trasformiamolo a base due; vediamo perciò la più alta potenza di due contenuta nel 15:
(16 >15> 8) è 8 che è 23 e avanza 7 (15 - 8 = 7);
nel 7 è contenuto il 4, che è 22 e avanza 3 (7 - 4 = 3);
nel 3 è contenuto il 2 e avanza una unità.

Avremo cosi’ quattro lampadine accese, che significano
23 + 22 + 2 + 1 = 15 a base dieci.
Perciò 15 a base dieci, si scrive 1111 a base due.

Se l’esempio dato fosse stato il 16 a base dieci, che è due alla quarta con l’avanzo di zero, avremo avuto una sola lampadina accesa in quinta posizione e tutte le altre spente.
Un due alla quarta senza resti è 24+0 + 0 + 0 + 0 unità e, a base due, si scrive: 10000.

Concluderemo dicendo che il sistema a base dieci è ancora valido se operiamo “a mano”, non è certo usufruibile se operiamo con la macchina.

Con questo esempio del sistema di numeri a base due ci sembra anche di aver provato come l’aspetto operativo e utilitaristico della matematica può facilmente scadere: nel caso della macchina basta infatti che l’uomo imposti un programma, cioè un problema; la macchina esegue tutti i calcoli necessari per risolverlo.
Ecco che viene in luce l’aspetto creativo della matematica; aspetto che la macchina rimanda inevitabilmente all’uomo - essa non può certo autoprogrammarsi - e che perciò dobbiamo tenere in rilievo.
E se noi consideriamo preminente questo aspetto della matematica - una matematica costruttrice e ordinatrice di ogni conoscenza, e in conseguenza di ogni materia di studio, una matematica necessaria perciò come il linguaggio e l’espressione, ci accorgiamo che già operiamo continuamente con concetti delle nuove matematiche. Vediamo di dimostrarlo.

Credo che tutti noi abbiamo contatti con ragazzi che frequentano scuole secondarie. Tutti perciò abbiamo sentito parlare di insiemi, di insiemistica.
Che cosa significa “insieme”? Semplicemente ciò che ci dice la parola: un raggruppamento. Naturalmente non un raggruppamento casuale, ma logico.
Il concetto di insieme è un processo logico, basilare, che ha portato - con la sua introduzione nella matematica - grande unità nella struttura interna.
Affermavo che si educa questo processo in continuazione, perché esso è base del ragionamento. Esso in parole povere significa poter cogliere una relazione, un legame possibile tra i dati, (chiamateli pure “osservazioni” se vi fa più comodo,) che raccogliamo intorno a noi ed è sicuro che non confondiamo affatto un elemento dei vari gruppi (insiemi) che registriamo, con elementi appartenenti ad altri gruppi.

Quando poi voi indicate con una sola parola al singolare un raggruppamento, (esempio: le parole collettive), date esplicitamente il concetto di insieme.
Gregge (singolare) = pecore (plurale).
Un insieme facilissimo da cogliere perché formato da elementi tutti omogenei. Ma se la parola è “biblioteca”, è evidente che posso arrivare ad intendere anche libri raggruppati per argomento.
(Biblioteca = libri di avventure, enciclopedie, romanzi,...)
Con questa distinzione arrivo a dare il concetto di sottoinsieme.
Ma ancora: introduciamo esplicitamente concetti di insiemistica, quando scriviamo una serie di nomi e di aggettivi da porre in relazione, esempio:

ghiaccio con freddo
caffè amaro
zucchero dolce

cioè stiamo considerando due insiemi, nomi e aggettivi, in cui è possibile stabilire una relazione tra elemento ed elemento fino ad esaurirli tutti.
Un tipo di corrispondenza simile è un concetto altamente significante in matematica; si chiama “corrispondenza biunivoca” - ad un nome corrisponde uno ed un solo aggettivo (e viceversa); uno nel senso di esistenza, un solo nel senso di unicità.
E’ un concetto basilare per la logica matematica perché è quello che porta alla caratteristica comune a tutti gli insiemi, siano essi i più eterogenei, quando hanno la stessa quantità di elementi: questa caratteristica comune è il numero che li comprende interamente.
Quanti disegni e quante manipolazioni per arrivare a cogliere questo concetto! (quattro stelle, quattro gatti,...)
Una precisazione: non occorre che siano finiti due insiemi, per avere corrispondenza biunivoca tra gli elementi che li compongono; per esempio: tutti i numeri naturali e i loro quadrati.
Mi sono dilungata in queste esemplificazioni, non tanto per rimandarvi ad alcune considerazioni di insiemistica, ma proprio per porre in luce come un linguaggio e dei concetti matematici entrino nella vita pratica e nel nostro lavoro. Sono considerazioni che chiariscono il legame profondo e inevitabile tra la matematica e lo studio di quelle materie in cui la conoscenza progredisce quanto maggiore è la capacità di raccogliere e valutare i dati.
Un solo esempio: la geografia in generale e la geografia vista come ambiente modificato: città, prodotti. Produzione che non sempre è dovuta a caratteristiche climatiche, ma a ragioni economiche che affondano le radici nella storia di quel paese. Da qui paesaggio e fauna messi in discussione da tali cambiamenti. (Argomenti per eventuali dibattiti: “animali domestici e animali selvatici; animali e clima; animali e paesaggio; fasce disabitate; ecc., ecc.”).
Credo che a questo punto sia evidente l’indicazione didattica di permettere ad ognuno di seguire il proprio processo logico perché questo si sviluppi in maniera completa.
E qui entriamo nel campo della psicologia. Sempre valido in questo meccanismo di sviluppo della mente il noto detto cinese:

Se ascolto, dimentico
Se vedo, ricordo
Se faccio, capisco


la necessità cioè di lasciar liberi i fanciulli di pensare e di fare le proprie scoperte e, perché questo avvenga, la necessità che essi hanno di “fare”, di “manipolare”; e qui con forza bisogna sottolineare come proprio l’insegnamento dell’aritmetica e della geometria sia nelle nostre scuole il meno individualizzato; ma viene introdotto con concetti già generalizzanti, ordinativi.
Nei cicli più avanzati, poi, diventa lezione cattedratica, di ascolto, lezione collettiva: chi riceve? Non sempre la risposta è “i più pronti.”; più adatto è dire “coloro che pensano come noi.” (coloro che hanno lo stesso tipo di coordinate mentali nel processo deduttivo...)
L’alunno per conquistare gradualmente l’ambiente e averne padronanza, deve essere lasciato libero nella scoperta delle relazioni tra osservazione ed osservazione.
Questa possibilità che noi gli diamo di fare per capire, si rivela efficace perché l’età evolutiva, quella che noi educhiamo, ha proprio, come ragionamento, il ragionamento induttivo, per arrivare a stabilire delle relazioni. Il ragionamento deduttivo implica delle premesse, dei presupposti che queste età non possiedono.

Concludendo: vorremmo che queste nostre considerazioni convincessero ch’è necessaria una nuova didattica della matematica. Una matematica, ordinatrice della realtà; che, intesa nella sua funzione essenziale, quella formativa, porta l’individuo a capire e a criticare in modo intelligente e obiettivo il mondo di cui fa parte. Affrontando ogni situazione come un problema, si forma inevitabilmente nell’alunno una tensione psicologica, che si appaga soltanto affinando lo spirito di ricerca. Siamo inoltre sempre più convinti che tale educazione è possibile e si compie attraverso il fare, la manipolazione.