E’ grazie all’Orchestra che negli ultimi anni è stato possibile recuperare al piacere del far musica molti alunni demotivati, che in alcuni casi hanno poi proseguito gli studi anche al di fuori della scuola.
L’esperienza orchestrale si rivela dunque altamente educativa e democratica, perfettamente in linea con i valori e le funzioni primarie della scuola dell’obbligo.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Nilla Patrizia Licciardo

 

Un’orchestra per crescere insieme

L’orchestra “Caio Giulio Cesare”

È la mattina del 25 aprile e quel sole tanto desiderato alla fine non si fa attendere oltre, per la gioia di tutti. Famiglie vocianti, carrozzine e palloncini, crocerossine che vendono il “boccolo”, signore eleganti, barbe bianche, piume di alpini, tricolori.
Giornata di festa in Piazza Ferretto: la festa di S. Marco, patrono della città lagunare e anche del suo entroterra. Festa che da quasi una settantina d’anni va a coincidere con un’importante ricorrenza nazionale, l’anniversario del 25 aprile del ’45, della liberazione dell’Italia dal nazifascismo.
Ma c’è qualcosa di nuovo quest’anno, di diverso, c’è un fermento particolare e molta più gente che si accalca di fronte alla fontana, dov’è stato allestito un palco con molti microfoni che non serviranno soltanto per i discorsi dei politici e delle autorità.
C’e nell’aria un’allegra agitazione, e dietro alle transenne di Piazzetta Da Re è tutto un via vai di cappellini e di magliette colorate, bianche, rosse e verdi, e una gran confusione di suoni e di strumenti di tutti i tipi che si accordano e che provano le proprie note. Sembra l’atmosfera del teatro prima di un concerto, con la differenza che i musicisti che reggono i vari violini, saxofoni, flauti traversi o violoncelli a volte più grandi di loro non sono dei professionisti; sono ragazzini di dodici o tredici anni, studenti delle medie.
È stata sicuramente un’idea vincente quella del Comune, di coinvolgere quest’anno nelle celebrazioni per il 25 aprile le orchestre scolastiche di tutte le Scuole ad Indirizzo Musicale del territorio veneziano. Sono presenti cinque scuole con più di duecento alunni, con i loro insegnanti e i loro familiari, felici e orgogliosi di poterli ascoltare, fotografare e riprendere in piazza, in un’occasione così bella e particolare.
Ci sono le scuole medie di Marghera, Zelarino e Campalto, c’è il neonato Liceo Musicale “Marco Polo” di Venezia e c’è la nostra scuola, la “Giulio Cesare” di Mestre. Dopo poco meno di un mese, il 15 maggio ci si rivedrà di nuovo con tutti i colleghi delle altre scuole della Provincia, nella splendida cornice dell’isola di S. Servolo, per la grande rassegna organizzata dal Distretto Scolastico Provinciale per la Giornata Nazionale della Musica. Sarà anche questa un’occasione fantastica e indimenticabile per i ragazzi, di confronto musicale e di svago.

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Alla fine del concerto in Piazza Ferretto mi avvicina una giovane giornalista e dopo aver parlato della musica nella scuola mi confessa sorridendo: “Anch’io ai miei tempi ho studiato violino alla Giulio Cesare, e suonavo nell’orchestra di Cisternino!”. Già, la Palomar, la mitica orchestra del prof. Nicola Cisternino, che col suo sguardo “lungo” e anticipatore aveva visto lontano, precorrendo i tempi e realizzando già a fine anni ’80 quello che in Italia era ancora irrealizzabile, ovvero l’esperienza orchestrale nelle scuole di base, cosa del tutto normale all’estero.
In quegli anni le scuole statali a “sperimentazione musicale” si contavano sulle dita di una mano e la “Giulio Cesare” era stata una tra le prime in provincia di Venezia. C’erano ancora tante cose da definire nel decreto che le istituiva e le regolamentava e la musica d’insieme era fra queste: semplicemente non era prevista, non esisteva. Ed in questo buco legislativo la Palomar aveva realizzato il sogno di un’esperienza musicale giovanile, fresca, coinvolgente e anticonvenzionale, che portava i ragazzi ad esibirsi divertendosi, nei posti più disparati, seguiti da genitori entusiasti che si facevano in quattro tra pulmini, strumenti e leggii, portando in giro i loro gilet verdi, le loro canzoni ed il loro entusiasmo.
Poi pian piano le cose cambiano: la sperimentazione non è più tale e i corsi diventano ordinari, regolati finalmente da una normativa più articolata.
Da tempo c’è nell’aria odore di riforma degli studi musicali e le Scuole Medie ad Indirizzo Musicale vengono valorizzate sempre più essendo l’unico concreto anello di una catena virtuale che ancora non esiste. Viene autorizzato in molte scuole l’avvio dell’Indirizzo Musicale, dando giustamente la possibilità ad un maggior numero di giovani di accostarsi gratuitamente alla musica nella scuola di base. La musica d’insieme e l’orchestra entrano a far parte degli obblighi dei docenti di strumento e ogni scuola, nell’ottica dell’autonomia, si regola come crede nella definizione dei tempi da destinare alle lezioni individuali e a quelle collettive.

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Cominciano a nascere le orchestre scolastiche e dilagano a macchia d’olio le iniziative che consentono visibilità e confronto a queste nuove realtà musicali: è tutto un fiorire di Rassegne e di Concorsi, sempre più allettanti e democratici, sempre più “riservati” alle Scuole Medie ad Indirizzo Musicale.
I ragazzi partono in massa con i pullman pieni di strumenti e percorrono anche centinaia di chilometri unendo al Concorso la gita scolastica: una duplice occasione per bearsi del primo premio o per consolarsi del quarto. I ragazzi si ascoltano tra di loro, gli insegnanti si confrontano: c’è sempre qualcosa da imparare. C’è spazio per tutti: per i solisti, “enfant prodige” dodicenni della tastiera o dell’archetto, per gli ensemble di fiati d’impronta bandistica, per i complessi di chitarre, per i quartetti d’archi, per le orchestre piccole e grandi con un’infinita varietà di formazioni e caratteristiche.
Ci sono le orchestre caciarone, i gruppi da camera raffinati, le orchestre monostrumentali: tutte chitarre, tutte tastiere, tutti clarinetti, tutte percussioni. Bisogna arrangiarsi con quello che offre il convento, e se nella scuola ci sono solo certi strumenti con quelli ci si inventa qualcosa per coinvolgere tutti nell’orchestra. Gli insegnanti devono darsi da fare e i più volenterosi rispolverano i propri studi di armonia scoprendosi “arrangiatori” e divertendosi a trascrivere ogni tipo di brano, ripensato per i timbri a disposizione e adattato alle capacità degli allievi. Nel repertorio non ci sono limiti di genere: si spazia dal classico al moderno, dal jazz al folkloristico, dai cantautori alla musica da film. Per premiare i trascrittori più bravi e più originali nascono nei concorsi scolastici le sezioni dedicate alle trascrizioni.
Nei primi anni del 2000 l’evoluzione degli studi musicali alla “Giulio Cesare” vede il passaggio dai tre strumenti iniziali (pianoforte, violino e clarinetto) a quattro, con l’introduzione della chitarra. C’è sempre stata da parte dell’utenza una forte richiesta per i corsi di strumento: le domande d’ammissione spesso raggiungono l’ottantina, a fronte della disponibilità di circa 24 posti. Molti ragazzi anche meritevoli vengono esclusi, e ciò stride troppo col principio democratico del diritto allo studio nella scuola pubblica, che dovrebbe valere anche per gli studi musicali.
Durante i test attitudinali per le graduatorie di ammissione ci si rammarica sempre di dover operare una simile selezione: lo si fa veramente a malincuore. Anche la protesta da parte delle famiglie dei non ammessi diventa sempre più pressante: vivono l’esclusione come un torto, un giudizio categorico e superficiale sulle reali capacità dei loro figli e c’è poco da spiegar loro in tutti i modi che non dipende né dalla scuola né dagli insegnanti.
Sono gli Uffici Scolastici del Ministero a dover concedere l’eventuale raddoppio delle cattedre e i dirigenti della scuola hanno continuato a farne richiesta già dalla fine degli anni ’90. Poi, nel 2009 giunge finalmente la tanto attesa autorizzazione: si raddoppiano le cattedre di pianoforte e di chitarra e dall’anno successivo si introducono altri due strumenti: flauto traverso e violoncello. Ora gli strumenti insegnati sono sei e c’è spazio finalmente per tutti i ragazzi che vogliono studiare musica e che dimostrano di avere delle normali attitudini. Inoltre dal 2011 gli alunni sono liberi di scegliere anche la seconda lingua straniera senza più limitazioni di sezione: l’Indirizzo Musicale è ormai trasversale a tutte le classi prime.
Ogni anno entrano ora circa una cinquantina di alunni, suddivisi per i vari strumenti; sanno che in prima faranno solo strumento e teoria e solfeggio, per acquisire la tecnica basilare del proprio strumento, e dalla seconda potranno suonare in Orchestra, con un’ora di prova facoltativa alla settimana. Pur non essendo obbligatoria per questioni di monte orario, è davvero raro che qualcuno non partecipi. Essere inseriti nell’Orchestra diventa anzi per gli alunni fonte primaria di gratificazione e di motivazione: aderiscono tutti col massimo entusiasmo.
Nel corso della mia esperienza ventennale ho potuto assistere ad un’evoluzione significativa riguardo al problema del calo della motivazione. L’interruzione degli studi musicali nel corso dei tre anni delle medie ad Indirizzo, nonostante non fosse ufficialmente consentita, era una realtà che interessava sia me che i miei colleghi. Per quanto riguardava il pianoforte, ero fermamente convinta che fosse da imputarsi alle caratteristiche stesse dello strumento, solistico dunque solitario per tradizione e vocazione. Lo schema tradizionale della lezione individuale poi non aiutava di sicuro: capitava non di rado che un alunno si trovasse schiacciato dalla routine di un rapporto a due (alunno-insegnante) dove il confronto con le aspettative dell’insegnante, che diventavano via via maggiori col passare del tempo, non bastasse più a fornirgli il giusto incentivo allo studio.
Di fronte al crollo di motivazioni di un pianista in erba, magari in piena crisi adolescenziale, a poco servono le proposte alternative di brani jazz o moderni. Quando lo studio diventa fatica e sofferenza e la lezione un tormento ci vuole qualcosa di più perchè dietro l’angolo incombe lo spettro dell’abbandono. Quanti piccoli pianisti insoddisfatti negli anni hanno abbandonato gli studi, delusi e scoraggiati, sconfitti dalla noia del solfeggio o dell’esercizio da far sentire all’insegnante, incapaci di vedere oltre qualcosa di più gratificante. Ecco che in questi casi l’essere inseriti in un contesto scolastico deve poter significare finalmente un vantaggio rispetto alla lezione “privata”, necessariamente individuale.
È proprio nella scuola che la funzione “terapeutica” dell’esperienza collettiva rivela tutto il suo valore. Credo di non esagerare nel dire che, da quando ho potuto affiancare l’esperienza della musica d’insieme e dell’orchestra alla normale lezione, la percentuale di abbandono tra i miei alunni si è ridotta almeno del 90%. Tale è lo stimolo e il desiderio di suonare nel gruppo che a volte torna utile all’insegnante utilizzare ciò come “premio”, consentendo all’alunno la partecipazione all’Orchestra solo dopo una sua dimostrazione di maggior impegno e regolarità nello studio.


 

Effettivamente funziona meglio di qualsiasi altra cosa, e proprio grazie all’Orchestra negli ultimi anni è stato possibile recuperare al piacere del far musica molti alunni demotivati, che in alcuni casi hanno poi proseguito gli studi anche al di fuori della scuola.
L’esperienza orchestrale si rivela dunque altamente educativa e democratica, perfettamente in linea con i valori e le funzioni primarie della scuola dell’obbligo. In Orchestra si trovano affiancati i più bravi con i meno bravi: viene allo stesso tempo valorizzata l’eccellenza e agevolato chi è in difficoltà in quanto ognuno riceve una “parte” su misura, adatta alle proprie capacità. Ognuno ha i suoi diritti ma anche i suoi doveri e impegnarsi diventa fonte di gratificazione collettiva, perché i progressi del singolo vengono premiati e messi in risalto di fronte a tutti.
Ognuno è chiamato a dare il meglio di sé senza per questo prevaricare l’altro: si impara la collaborazione.
Ognuno deve imparare a controllare il proprio suono e la propria intonazione adeguandola a quella altrui. Deve saper controllare e dominare il proprio istintivo individualismo rispettando le regole, ascoltando il direttore e rispettando il lavoro di compagni ed insegnanti anche attraverso un comportamento corretto.
L’Orchestra è per alcuni versi la realizzazione di un’utopia: è il luogo dove si imparano e si sperimentano valori fondamentali divertendosi in compagnia. È un contesto dove tutti traggono giovamento dall’impegno di ognuno e viceversa ricevono un danno dall’errore di uno solo: si impara cos’è la responsabilità.
È il laboratorio dove si realizza una magica alchimia: i ragazzi si sentono protagonisti, al centro della musica, ed è un’emozione fortissima la consapevolezza del successo collettivo che diventa per ciascuno una vittoria individuale. L’orchestra scolastica è un particolarissimo microcosmo, diversa da ogni altra entità musicale: è una palestra di democrazia e di umiltà per alunni ed insegnanti. È il posto dove uno strumento aristocratico come il pianoforte si piega con gioia a fungere da terreno armonico rinunciando alla melodia, o un altro dal suono timido e diafano come la chitarra non soffre nel non sentirsi timbricamente alla pari con gli altri.
Qui non esiste un “direttore artistico” ma ciascun insegnante deve misurarsi con agli altri e collaborare in maniera costruttiva cercando, per il bene dei ragazzi, una sintonia spesso non facile e per nulla scontata, sforzandosi di superare le divisioni, la differenza di vedute, lo spirito di competizione o il narcisismo spesso costituzionale nel musicista.
Solo una ”equipe” di insegnanti che collaborano col giusto spirito riesce a trasmettere al gruppo l’energia positiva necessaria ad ottenere i risultati sperati.
Purtroppo nell’orchestra scolastica il lavoro ricomincia sempre da zero: un repertorio non si può accantonare e riciclare da un anno all’altro. A settembre è impensabile poter replicare ciò su cui si è lavorato con tanta fatica in primavera, perché gli elementi di punta, i ragazzi di terza, se ne sono andati e sono ormai alle prese con i loro nuovi orizzonti.
Ma pazienza, tutto ricomincia. Bisogna ancora una volta tirarsi su le maniche perché i ragazzi delle nuove terze sono arrivati dalle vacanze con qualche centimetro e un po’ di maturità in più e già ti chiedono che cosa faremo di bello quest’anno.
Nel frattempo dietro la porta, coi loro visetti ancora infantili e gli occhi lucenti di eccitazione, aspettano un po’ intimiditi di entrare in classe le nuove prime.
Non sarà facile ma sarà comunque bellissimo un nuovo anno e tanta nuova musica insieme a loro.