intervista al prof. Stoppani
Dunque, prof. Stoppani, com’è andata; secondo le aspettative?

Secondo me, non è stato un convegno celebrativo, ma un seminario di lavoro, ricco di riflessioni e proposte, e per questo positivo.
Ha centrato il primo obiettivo, minimo ed immediato, che si era posto: riunire insieme per un proficuo scambio di esperienze i maestri e i docenti “150 ore” (scuola media) che nel Veneto insegnano agli adulti stranieri. Ma è andato anche oltre, disegnando una società futura dove sia possibile la convivenza tra genti diverse.

Ecco, come è stato affrontato, al convegno, il problema dell’integrazione degli stranieri?

Noi viviamo oggi, di fatto, in una società multietnica e questa, ha affermato l’assessore Bettin, “non è un banchetto di gala”. E’ un consesso civile irto di problemi e difficoltà per la soluzione dei quali la scuola può giocare un ruolo decisivo. Il prof. Leita ha ricordato che lo studio è un diritto naturale che la Costituzione italiana e i trattati internazionali riconoscono allo straniero.

La scuola, quindi, grande protagonista di questa integrazione; ma come ci si propone di attuarla?

Per realizzare quel diritto allo studio di cui parlava Leita, ha suggerito il pedagogista Duccio Demetrio, occorre che lo stato provveda all’insegnamento della lingua italiana in scuole pubbliche con insegnanti preparati ed esperti. Non solo, deve anche garantire al cittadino straniero di poter mantenere la propria identità culturale.
Pertanto la totalità degli operatori intervenuti ha sostenuto che la scuola non è solamente un centro, utile e fondamentale, di insegnamento linguistico, ma anche luogo d’incontro, socializzazione e dialogo.

Si, ma all’atto pratico, chi deve intervenire, oltre agli operatori e volontari che già fanno la loro parte?

Occorre che anche l’istituzione pubblica faccia la sua parte. Gli ispettori ministeriali presenti al convegno hanno promesso più corsi di alfabetizzazione sul territorio, più insegnanti e maggiore disponibilità finanziaria... Se son rose fioriranno.

NON SOLO CINEMA 1995

CINQUE FILM PER DISCUTERE
a cura di Elena Ramacciotti

La rassegna cinematografica organizzata dal dopolavoro ferroviario con l’adesione delle 150 ore della Giulio Cesare di Mestre e della Gramsci di Campalto è arrivata alla sua settima edizione.
E’ ormai un appuntamento tradizionale quello della rassegna cinematografica che noi delle 150 ore della Giulio Cesare ogni anno organizziamo per i nostri corsisti, per tutti gli allievi frequentanti sia i corsi di Educazione permanente sia per tutti quelli iscritti all’Associazione Nicola Saba: scegliamo i film che, tra i più recenti, ci sembrano tra i più belli e tra i più significativi.
Quest’anno un ritorno, quello del regista Gianni Amelio, che la passata stagione aveva entusiasmato con il suo liricissimo “Ladro di bambini”, con un film grande escluso dalla cinquantunesima mostra del Cinema di Venezia, “Lamerica”: pellicola on the road in un’Albania dei giorni nostri che tanto somiglia alla nostra Italia anteguerra.
Restando nel cinema italiano, abbiamo voluto tributare un addio al grande Massimo Troisi, che nella sua ultima interpretazione nel “Il postino” ha collaborato anche alla regia: una splendida prova d’attore che ci racconta di un tenero e malinconico Mario Ruoppolo, postino con contratto a termine assunto per recapitare la posta al poeta Pablo Neruda e che, nonostante sappia leggere e scrivere “con la calma”, si entusiasma per le liriche del grande cileno.
La storia ha avuto la parte del leone nella rassegna di quest’anno visto che “La regina Margot” e “Schindler’s list” ci calano dentro a due drammatici momenti del nostro passato più e meno recente; la strage degli Ugonotti, i fatti e i misfatti di Carlo IX o di Margherita di Valois sono l’occasione per il regista Patrice Cheneau per confezionare un “ filmone” di cappa, spada, amore e morte in un tripudio di costumi sfarzosi e ricchissimi spesso molto insanguinati.
Il sangue, anche se è in bianco e nero, non manca ma purtroppo nemmeno in Schindler’s list, drammatico racconto di un gruppo di ebrei scampati all’insensato massacro dei nazisti. Qualche lamentela a questo proposito da parte di alcuni dei nostri spettatori più sensibili che hanno dichiarato di essersi trovati a fare brutti sogni a causa dell’eccessiva violenza vista sul grande schermo.
E’ piaciuto a tutti invece “Nel nome del padre” con l’interpretazione dell’ultimo mohicano Daniel Day-Lewis che ci ha raccontato la vicenda di un triste caso giudiziario che aveva avuto come protagonisti dei ragazzi, un po’ ladruncoli, un po’ sbandati, accusati ingiustamente di essere terroristi dell’IRA e di aver provocato una strage. E’ un film che fa indignare ma che ci consola al pensiero che non solo la tanto vituperata giustizia italiana anche la tanto apprezzata giustizia britannica ha le sue malefatte da nascondere.
Siete rimasti soddisfatti? Noi speriamo di sì; il nostro intendimento rimane comunque quello di farvi riflettere un po’. di farvi discutere insieme a noi dopo aver visto dei film magari un pochino più impegnati di quelli che potreste vedere in televisione, tutte le sere, tra una pubblicità e l’altra. Arrivederci all’anno prossimo!