Uno degli appuntamenti ai quali i corsi 150 ore difficilmente rinunciano, è la visita a Valle Averto, l’oasi del WWF che rappresenta un ambiente naturalistico di straordinario interesse e che si trova a due passi dalla città. Quest’anno la visita si è svolta in autunno e perciò si sono potuti osservare esemplari della fauna presente in quella stagione.


POSIZIONE GEOGRAFICA:

Veneto, nella laguna medio inferiore di Venezia, di fronte alla Sacca di Porto Malamocco, confina a nord con la Valle Serraglia, a sud con Valle Comio ed è delimitata ad ovest dalla Strada Romea e a est dalla Valle Contarina; L’Oasi si estende per 200 ettari, su un totale di 500 ettari di tutta la Valle Averto.

COME ARRIVARE:

in automobile, dalla Strada Romea che collega Mestre a Chioggia, all’altezza del centro abitato di Lugo (al Km 110) si imbocca (a sinistra venendo da Mestre) una strada che conduce all’ingresso dell’Oasi: qui è Ca’ Tiepola, un casone rinascimentale che funge da centro visite .


 

Ci accompagna una guida che, dopo aver raccontato un po’ la storia di Valle Averto, ci conduce nel cuore della riserva fino al punto di osservazione degli uccelli, una specie di capanno attrezzato in modo che si possa guardare non visti verso uno specchio d’acqua dove sostano numerosi esemplari di uccelli stanziali e migratori.
La guida ci lascerà soli per un certo tempo quando, accortasi di una poiana ferita che si dibatteva fra gli arbusti, la cattura non senza difficoltà, la avvolge nella sua giacca, un po’ per proteggerla e un po’ per proteggersi dalle beccate e la porla al centro accoglienza della riserva, immaginiamo per curarla e poi liberarla.
Nel percorso che facciamo da soli incontriamo una nutria che, a quelli di noi che non l’avevano mai vista, suscita una certa apprensione perché viene scambiata per un‘enorme “pantegana”. In realtà ci accorgiamo che la nutria ha un aspetto assai più simpatico; inoltre sembra che il nostro arrivo gli sia del tutto indifferente: era intenta a brucare non sappiamo quale erba e non si cura affatto di noi; continua imperterrita il suo pranzo.
Più avanti alcuni di noi, più fortunati, avvistano dei bufali selvaggi; quelli sì, ci dicono, vanno tenuti alla larga; l’anno scorso hanno ferito il presidente del WWF, c’era anche sul giornale.
Ma ecco la documentazione sul parco che ci hanno dato; ve la proponiamo nella speranza che possa esservi utile e con l’invito a visitare Valle Averto: ne vale veramente la pena.
l’ambiente

La Valle Averto è una delle tipiche valli da pesca della Laguna veneta, di cui parla già Cassiodoro nelle sue “Varie”.
La laguna fu modellata circa 5000 anni fa dall’interazione del mare con i fiumi Piave, Brenta e Adige. La valle si estende lungo avvallamenti del fondo circondati da barene, terreni alluvionali di limo e argilla che emergono durante la bassa marea.
E’ caratterizzata da ampi specchi d’acqua salmastra, canneti, boschetti igrofili (amanti del terreno umido) a ridosso della strada Romea, prati incolti vicino i confini, interrotti da canali e siepi. L’Oasi conserva la transizione naturale tra l’ambiente della palude d’acqua dolce e quello della laguna salmastra.

la gestione

L’oasi di protezione di Valle Averto è nata nel 1988.
Il WWF la gestisce direttamente; già nel 1985 vi aveva istituito un proprio rifugio faunistico con un contratto di affitto con il proprietario, il Conte Carlo Ancilotto. Dal 1989 la zona è stata riconosciuta di importanza internazionale dal Ministero dell’Ambiente e dalla CEE, ed inserita nella Convenzione di Ramsar (un documento sottoscritto da vari governi per la protezione delle zone umide). L’area rappresenta un importante esempio di “valle arginata” ed è una delle parti più integre della laguna, meta, durante l’inverno, di numerose specie di uccelli acquatici. Oltre all’organizzazione di visite, all’allestimento di capanni e torrette di osservazione, di camminamenti mascherati, il WWF compie una vigilanza continua dell’area e si prodiga per il miglioramento dell’ambiente naturale con il supporto di ricerche scientifiche. A scopo didattico sono stati restaurati una “cavana” (tipico luogo di ricovero per le barche), e un “lavoriero” (struttura adibita alla cattura del pesce).

la fauna

  Spatola Ibis mignattaio

Le valli da pesca sono una fonte di reddito per i pescatori e un ambiente insostituibile per la sosta e la nidificazione degli uccelli acquatici, come la Valle Averto che si trova lungo una delle rotte migratorie più importanti d’Europa. Quello delle anatre è il gruppo di uccelli più numeroso, sia per unità sia per specie: quelle di superficie (germano reale, alzavola, mestolone, codone) e quelle tuffatrici (moriglione e moretta). Sono nidificanti il germano reale, il moriglione, l’alzavola, la marzaiola e il fistione turco, simbolo dell’oasi. Durante le stagioni molto fredde arrivano dal Nord le oche selvatiche. Nell’Oasi si trova una garzaia di aironi rossi e diverse coppie nidificanti di cigno reale, ormai inseriti in seguito a una reintroduzione. Nidifica anche il guccione, una specie tipica dei più caldi ambienti mediterranei Alcuni degli uccelli presenti sono rari nell’ambiente della laguna veneta: fenicottero, spatola e casarna. Con il tepore primaverile arrivano uccelli di passo, soprattutto limicoli: piovanetti, piro piro, pettegole, chiurli e totani. Tra i rapaci sono presenze regolari, la poiana, il falco di palude e l’albanella reale; più sporadici il falco pescatore, l’aquila anatraia maggiore e l’aquila di mare. Nascosti nel canneto nidificano tarabusi, tarabusini, basettini, cannareccioni, porciglioni e il falco di palude. Lungo le barene, invece, il gabbiano reale e la sterna comune. Tra i mammiferi si può notare il bufalo pontino, reintrodotto e ben naturalizzato. Più difficili da incontrare il tasso, la faina e la puzzola. L’acqua è popolata da molte specie di invertebrati marini (base del complesso ecosistema palustre) e da pesci eurialini (adattati alle variazioni di salinità).

la flora

L’ontano, il pioppo nero, l’olmo e il frassino sono gli alberi più diffusi e crescono in gruppi misti. Queste sono specie tipiche dei boschi planiziali igrofili (cioè delle zone umide) reintrodotte dal WWF in collaborazione con i Servizi Forestali regionali. Il canneto è molto esteso e nelle zone di acqua dolce crescono anche la tifa, il giunco e il carice. Nell’acqua dolce più profonda dei canali galleggiano le ninfee. Nelle zone più salmastre cresce invece la vegetazione caratteristica dell’alto Adriatico. Sul fondale dei canali la zannichellia e, negli specchi d’acqua, praterie sommerse di zoostera e ruppia, molto gradite dagli uccelli acquatici. Lungo le rive e le barene si trovano le piante alofile (che si sviluppano sui sentieri salini): la salicornia, la salsola, il limonio, l’astro delle lagune, la spartina. Gran parte degli argini sono ricoperti di tamerice che forma una barriera contro i venti marini salati e, in particolare in questa zona, contro i venti freddi Bora e Tramontana.

le oasi

Il Sistema delle Oasi nacque nel 1967 con l’affitto della tenuta del Lago di Burano, uno splendido specchio d’acqua nella Maremma Toscana.
Lo scopo era quello di offrire un tranquillo luogo di sosta agli uccelli migratori: un’oasi appunto. Molte Oasi del WWF, così, sono zone umide, e otto di queste (Punte Alberete, Marano Lagunare, Orbetello, Burano, Angitola, Bolgheri, Le Cesine, Valle Averto e Torre Guaceto) sono state dichiarate di importanza internazionale dalla Convenzione di Ramsar, sottoscritta nel 1971 da molti Governi per tutelare l’ambiente e l’avifauna acquatica. L’appellativo di Oasi indica anche che, proprio come nel deserto, queste sono aree relativamente piccole nel territorio italiano, importanti frammenti di quegli ecosistemi un tempo più estesi e caratteristici del nostro territorio, oggi degradati o distrutti: zone umide, coste, boschi planiziali.
Presto, le Oasi hanno avuto anche un ruolo importante nella ricerca scientifica e nell’educazione naturalistica. Esse infatti sono aperte a ricercatori, studenti e visitatori comuni che, nel rispetto dell’ambiente circostante, hanno la possibilità di “incontrare” specie di flora e fauna - spesso introvabili altrove - e di “conoscere” gli ecosistemi principali.